Questa non è una classica “bussola del risparmiatore”. Quelle danno per scontato che per il “risparmio” esistano impieghi a rischio zero: ad esempio, tenere i propri soldi liquidi in banca, se non sotto il proverbiale materasso. Indipendentemente dall’esito del referendum greco, la svolta “ateniese” dell’eurozona ha cancellato due certezze implicite nel possesso di una moneta o di una banconota emesse dalla Bce: l’effettività e la liquidità di quel valore, anche in forma di conto bancario a vista presso una banca residente e vigilata in Europa.

I bancomat chiusi in Grecia (e per la verità era già accaduto a Cipro). l’ idea che i greci abbiano votato “per uscire dall’euro”, le voci “terroristiche” sul taglio del 30% dei depositi bancari oltre gli 8mila euro hanno già cambiato le cose nella percezione di chi usa euro: cioè tutti. Hanno aggiunto elementi di incertezza proprio in un’area che aveva puntato sull’unione valutaria per conseguire “stabilita’”. Hanno aggiunto almeno due rischi che non erano contemplati o previsti né dai trattati di Maastricht, né dalla storia (reale o narrata) dell’euro.

Il primo è il “rischio valutario” (uno specifico “rischio di mercato”) insito nella resurrezione di una singola moneta nazionale come la dracma, che le stime di un possibile “mercato grigio” collocano a cambio 0,5 rispetto all’euro. Forse non accadrà, ma è difficile che tutti noi cittadini risparmiatori dell’Eurozona “periferica” da oggi in poi non includiamo nei nostri punti di vista la possibile retrocessione alla lira: per di più con settori importanti dell’opinione pubblica, delle forze politiche e perfino del mondo imprenditoriale che guardano con favore, ad esempio, alla buona vecchia svalutazione competitiva per rilanciare il Pil (a proposito: un’economia con una moneta che si deprezza verso l’esterno tende a riaccendere l’ inflazione all’interno). Il ritorno alla dracma o alla lira non è oggi nell’ordine del probabile: la nascita di un euro-2 in “svalutazione controllata” rispetto all’euro “vero” è invece ormai un’ ipotesi di lavoro.

Il rischio di non poter più ritirare i propri euro in banca è uno specifico “rischio di controparte” che – in uno dei tanti paradossi di questi giorni – si materializza in Grecia proprio quando i vari paesi membri stanno adottando le nuove regole di “bail in” per i dissesti bancari: regole che prevedono la
protezione dei depositi fino a 100mila euro (ma non è chiaro se anche il mantenimento della liquidità) e la partecipazione dei grandi depositanti alle perdite da crac accanto ad azionisti e obbligazionisti. Terrete d’ora in poi con la stessa tranquillità risparmi nella vostra banca “usata”? E dove metterli?

Un tempo era il codice civile per primo – in Italia – a suggerire al “buon padre di famiglia” di impiegarli in titoli con garanzia statale. Il passaggio greco conferma un’offerta ormai polarizzata di bond governativi egualmente denominati in euro: titoli-rifugio come i Bund (a tasso negativo) e para- junk come lo stesso governo greco ammette chiedendo uno sconto del 30% ai grandi creditori esteri – ma anche prevedibilmente ai piccoli nazionali – né più né meno di quanto è avvenuto due volte recentemente in Argentina.

Quando l’Italia affronterà un’operazione taglia-debito di cui si parla da anni? E come? Non sarebbe la prima volta che il Paese “converte”, consolida la rendita: dice cioè ai suoi cittadini-contribuenti-prestatori che non avrebbe restituito loro il capitale ( tutto o in parte) ma pagato loro solo un interesse (naturalmente non indicizzato all’ inflazione). In Italia , com’è noto, un’ipotesi teorica gettonata è l’emissione di Btp speciali a fronte della cartolarizzazione di asset pubblici. Btp “ di serie B”, in tutto o parte non redimibili o negoziabili, per sostituire e stabilizzare il debito pubblico. Magari con specifiche griglie di differenziazione fra organi istituzionali internazionali, grandi e piccoli privati italiani.

E allora? Tutti a investire in fondi comuni orientati all’azionario Usa, peraltro in sospetta bolla a causa delle overdosi di liquidita somministrate dalla Fed. Quei “Quantitative easing” che hanno già da tempo cancellato una delle certezze della nostra civiltà finanziaria: che chiunque fosse in grado di offrire anche una liquidità limitata venisse ragionevolmente compensato, a fronte del rischio minimo di uno Stato o di una banca europea. Quel rischio è salito, mentre i rendimenti si sono azzerati.

Il risparmiatore italiano deve “rieducarsi” in fretta ad affrontare choc ben più seri di un quasi esotico referendum di un piccolo Paese balcanico.