L’ipotesi che il Tesoro italiano emetta di Btp “speciali” è tema di dibattito da almeno un paio d’anni. Lo è essenzialmente in chiave strumentale rispetto a ipotesi più generali di taglio/ristrutturazione del debito pubblico (la più visibile resta quella di maxi-cartolarizzazione di beni pubblici, lanciata da MF-Milano Finanza). Non sorprende che i Btp “speciali” tornino d’attualità mentre la crisi greca sta trovando una sua pur faticosa soluzione. 

Permanenza nell’euro (per mancanza di alternative politico/istituzionali) in cambio di un fondo di privatizzazione/garanzia (ai limiti dell’esproprio/sequestro) e di una ristrutturazione del debito sponsorizzata tatticamente dal Fmi più nel proprio interesse istituzionale e in chiave anti-tedesca che in effettivo appoggio ai paesi periferici dell’euro: sono queste le regole del gioco emerse dopo il duro confronto Tsipras-Ue. Ed è questa Grexit che determina un effettivo rischio-contagio per l’Italia.

Su queste pagine l’abbiamo già segnalato: il “format greco” può essere replicato tout court per altri paesi deboli dell’eurozona, o in caso di nuove emergenze o in sede di riscrittura dei Trattati di Maastricht (con il referendum britannico in accelerazione e la probabile ricandidatura di Angela Merkel in Germania nel 2017). Difficile che, su questo sfondo, il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan trascorra ferie tranquille, mentre il premier Matteo Renzi a sua volta accelera su maxi-tagli fiscali ma anche su maxi-investimenti infrastrutturali.

È in questo clima, comunque, che Il Sole 24 Ore ha lanciato l’ennesima ipotesi di un Btp “speciale”, agganciato all’andamento del Pil. Il segnale di per sé conferma l’attenzione degli addetti ai lavori, anche se lo schema tratteggiato manca ancora di molti nessi. Ogni Btp “speciale”, val la pena di risottolinearlo, è tale in funzione di un obiettivo preciso da parte dell’emittente-Stato e si misura poi – sul mercato – con le equazioni di rischio-redditività-liquidità degli investitori istituzionali o privati, nazionali o esteri. Ora, qual è, l’obiettivo del “BTPil”? 

Dalla formulazione tratteggiata del Sole 24 Ore non sembra essere un Btp “taglia debito”: di quelli che potrebbero essere usati per ristrutturare/consolidare una parte del debito pubblico, sostituendo emissioni in corso sul mercato; oppure facendo sottoscrivere forzosamente i Btp speciali ad alcune categorie di cittadini (ad esempio, dipendenti pubblici pensionandi o imprese creditrici della Pa).

Il “BTPil” si profila invece come “bond di sviluppo”, anzi “di scopo”: utile finanziare grandi piani infrastrutturali (il Sole richiama il prestito lanciato mezzo secolo fa sull’euromercato per l’Autostrada del Sole, ma il soggetto non era lo Stato, bensì una società privata; e lo scopo era preciso, così come il percorso di rimborso e remunerazione dei bond).

Ma che significa che il “BTPil” sarebbe un titolo “ibrido”? Di che cosa diverrebbero “para-proprietari” i sottoscrittori di questi “derivati patriottici” della Repubblica italiana? Forse – ancora – degli asset pubblici da cartolarizzare? Ma allora stiamo tornando alla proposta di Milano Finanza: che però è dichiaratamente “taglia debito” (prima si taglia il debito esistente e poi si imposta in modo trasparente una nuova politica finanziaria, infrastrutturale, industriale).

Viene quindi da pensare che il “BTPil” sia invece stato lanciato come “ballon d’essai’ in direzione di Bruxelles: per testare la ricevibilità Ue di titoli di debito “speciali” in quanto capaci di passare attraverso le maglie strette della politica di bilancio comunitario (maglie che peraltro il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble ha in mente di rendere ancora più strette). Si vedrà: in ogni caso siamo lontani dal mercato e non a caso Il Sole 24 Ore accenna alla raccolta postale “a rubinetto” (il passo verso la “nuova Cassa depositi e prestiti” è brevissimo).

Nel frattempo rimangono dubbi (ma sembra nutrirli anche l’articolo del Sole 24 Ore) anche sull’appetibilità dei “BTPil” sul mercato. Un conto è scommettere su un paniere di titoli quotati o su un indice finanziario calcolato quotidianamente sul mercato; altra storia è puntare su un progresso del Pil definito ogni trimestre da istituti di statistica, nazionali o sovrannazionali. Ma resta una questione più sostanziale: sono passati già quasi vent’anni da quando Alan Greenspan – a futura memoria – disse che non capiva più l’”esuberanza irrazionale” di mercati ormai disinteressati ai fondamentali dei prenditori di capitali di rischio e di debito e attratti soltanto dai richiami speculativi. I Btp che piacciono ai mercati – è storia di quattro anni fa – sono quelli che oscillano di 500 punti di spread in tre mesi. Quelli che dovrebbero finanziare una ripresa del Pil di cento punti base in un anno chissà a chi possono interessare. Anche nel mondo “ a tassi zero”. 

 

(Se Renzi vuole farsi finanziare dagli italiani il piano banda larga probabilmente si può fare, forse anche per l’Ue: ma non occorre sbandierare innovazioni finanziarie planetarie. Se invece il Governo comincia a preoccuparsi di ristrutturare il debito statale prima di essere obbligato dall’Ue nordica – magari dietro la foglia di fico di un “piano Monti” e con un nuovo placet da parte della Bce di Mario Draghi – può darsi sia opportuno, addirittura indispensabile, farlo: ma occorre offrire comunicazioni chiare e distinte ai mercati e ai cittadini italiani, debitori in solido con il loro Stato e singolarmente creditori del medesimo. Confondere finanza e politica (“patria”), dentro e fuori il Paese, è potenzialmente suicida).