Il 60% di un campione di americani fra i 18 e i 34 anni d’età – interpellato poche settimane fa da Pew Research, accreditato think tank di Washington – dice di acquisire su Facebook almeno una parte della propria informazione politica. Solo il 17% ha affermato la stessa cosa per il New York Times, il più importante fra i quotidiani Usa “tradizionali”. Non c’è da stupirsi se il NYT è pronto per un grande salto strategico: iniziare a offrire gratuitamente propri contenuti su Instant Articles (la piattaforma news di Facebook) o su altri social media (un reportage del “Wall Street Journal” cita anche la futura News.com di Apple o le piattaforme di WhatsApp e Starbucks).
La mossa è del resto apertamente preannunciata anche da fonti del NYT: “Dobbiamo trovare il modo di far tornare la gente da noi ogni giorno”, taglia corto Alex Maccallum, assistant managing editor per lo sviluppo della diffusione. Lo interpella la concorrenza del WSJ, peraltro in buona compagnia nel labirinto del web, tra free e premium. A metà maggio il Times ha gettato la spugna sull’ultimo tentativo “tradizionale” di aggredire con un prodotto pay la fascia dei lettori giovani. “NYT Now mobile” era stato pensato per loro, otto dollari al mese per un NYT “sintetico”, digitale, low cost. Un anno di test e campagne: niente da fare, ufficiosamente è stato raggiunto solo un decimo del target di 200mila abbonati. Se il servizio è stato “rottamato” come canale free, la sfida della migrazione digitale per uno dei più prestigiosi brand giornalistici del pianeta non può arrestarsi. E la puntata successiva si preannuncia più aggressiva e azzardata ancora.
“Dobbiamo farci trovare lì dove il lettore è, non importa su quale piattaforma”: è lo stringato verbo strategico espresso da un altro manager editoriale del NYT, Kinsley Wilson. Il quale lascia correre Buzzfeed e Vox Media come “lepri” da inseguire nella New Economy “2.0”, infiammata dalla media industry. Fino all’altroieri due start-up di successo: ma oggi l’etichetta va stretta a due new media sui quali Nbc (una delle storiche major tv americane, controllata da Comcast) ha investito 400 milioni di dollari in due settimane. Ed è un dettaglio curioso che il servizio più informato sia stato quello del NYT: che ha fissato in un miliardo di dollari il valore di Vox.com, su cui un anno fa ha puntato Ezra Klein, 31enne blogger-prodigio che si è fatto un nome come columnist del Washington Post.
SB Nation (sport), The Verge (tecnologia) e Plygon (videogames) sono i tre pilastri di una “Web-Cosa” basata su un assunto culturale tecnologicamente applicato: il content management system di Vox rende particolarmente “iper-leggibile” ogni contenuto. Dopo il primo trimestre 2015 il sito registrava 16 milioni di utenti unici al mese, profilati su education e livelli di redditi elevati ed età inferiore ai 35 anni.
Se Nbc converge in maniera più lineare sui nuovi social media, più ardua sembra la scommessa del NYT “gratis su piattaforme terze”. Il “Times” non sta né bene né male: il fatturato da diffusione è sempre cresciuto anche negli anni della crisi di Wall Street e la quota di digitale (oggi all’11%) è in aumento. I ricavi pubblicitari però calano strutturalmente (nel 2014 un terzo in meno rispetto a dieci anni prima). E mano a mano che i giovani avanzano con l’età cresce lo scollamento fra la testata e i suoi lettori: tradizionali – sempre meno – e digitali (sempre meno “fasati” sull’offerta editoriale del NYT).
Di qui un orientamento ormai pronto per la fase realizzativa: non attendere i “pesci” sulla riva o su una nave finora solida ma ormai lenta e pesante; e andare invece a pesca nel mare aperto delle rete. Usando come esca brandelli di “pelle viva” del Times. Nella speranza che i “millennials” abbocchino e siano poi disposti a comprare contenuti del NYT, si vedrà quali, come, a che prezzi. E contando che i “vecchi” (lettori e inserzionisti) non diano troppo peso alle scorribande del “loro” NYT a caccia di “giovani” (od ormai “post-giovani”) abitanti felici della loro free & sharing economy. Anche nei media, soprattutto nei media.