La notizia – nel caso Popolare di Vicenza – non è nell’escalation giudiziaria che ha portato ieri il presidente Gianni Zonin nel registro degli indagati della Procura cittadina. Erano mesi che la Popolare berica era protagonista di una cronaca finanziaria grigio-scuro. Troppe le cattive notizie (ultime quelle riguardanti maxi-perdite accumulate e un pesante warning da parte della nuova vigilanza Bce). E troppe, soprattutto, le indiscrezioni su una gestione fuori dalle righe: prime fra tutte quelle legate agli acquisti di azioni della Popolare finanziati dalla stessa banca e – si è letto – in parte da essa sollecitati con metodi poco propri. Mai come in questa vicenda la mossa dei Pm era attesa, quasi come un “atto dovuto”.
Era in parte attesa anche dalla Banca d’Italia: che sta emergendo in fondo come la vera protagonista di queste giornate. Una protagonista non del tutto attesa. Proprio alla vigilia dello show-down a Vicenza, via Nazionale ha fatto filtrare una mossa assolutamente non ordinaria: una contestazione formale espressa in una lettera da Fabio Panetta – vicedirettore generale Bankitalia e rappresentante italiano nel nuovo consiglio di supervisione Bce – al capo stesso della nuova vigilanza unificata a Francoforte, la francese Daniele Nouy.
Panetta ha criticato le modalità di conduzione del recente Srep: lo stress test che ha “condannato” proprio la Popolare di Vicenza – assieme a Veneto Banca, altra Popolare del Nordest – nella quarta e ultima serie delle banche europee su scala di solidità. Parametri “arbitrari” – secondo Panetta – e rischi di mettere ingiustamente in difficoltà il sistema creditizio in una fase delicatissima per l’Eurozona. Una ripresa che proprio il presidente della Bce, Mario Draghi, pochi giorni fa ha definito ancora ” fragile”, con accenti preoccupati per il 2016.
Attenzione: Bankitalia non ha minimamente voluto difendere Popolare di Vicenza o altri gruppi indeboliti dalla grande crisi e della lunga recessione non meno che da gestioni discutibili. Ha invece voluto rivendicare una competenza piena e sostanziale a fare da regista a una nuova fase di ristrutturazione e rilancio del sistema bancario interno: senza pressioni esterne, tanto meno “unwarranted”, dubbie (per usare un espressione di Panetta).
Non è stato un caso che proprio l’altra sera si sia avuta notizia che sarà UniCredit il garante dell’aumento di capitale annunciato per 1,5 miliardi da Popolare di Vicenza. Pochi giorni fa era stata Veneto Banca a comunicare che sarà Banca Imi a garantirle una paragonabile ripatrimonializzazione. UniCredit e Intesa Sanpaolo: i due “campioni nazionali” sono stati messi a protezione dei due riassetti più impegnativi. Due banche importanti per l’Azienda-Italia, da mettere in sicurezza sul mercati: come hanno fatto del resto tutti i gruppi italiani (anche Montepaschi).
Anche per tre banche commissariate (Etruria, Marche e CariFerrara) è in cantiere un distinto intervento “di sistema” attraverso il Fondo interbancario di garanzia dei depositi: non per coincidenza, visto che dall’1 gennaio il nuovo meccanismo europeo di salvataggio (“bail in”) coinvolgerà azionisti e depositanti nella gestione dei dissesti. C’è dell’altro: lo sviluppo della riforma delle Popolari, orientata alla riaggregazione interna del comparto; il riassetto del Credito cooperativo verso il gruppo unico; non ultima l’autoriforma delle Fondazioni, che potranno ribilanciare i loro investimenti bancari dai colossi storici verso interventi di stabilizzazione nel nuovo consolidamento interno.