La crisi delle banche italiane non è colpa del governo Renzi, ma soprattutto della bassa crescita nell’eurozona. Però lui farebbe bene a sbarazzarsi di “dignitari locali” che hanno provocato dissesti e scandali fra credito e politica in Italia, anzi in Toscana: a Siena attorno a Mps, ma anche poco più in là, ad esempio ad Arezzo, la città in cui “una banca è stata salvata, ma i risparmiatori sono stati presi a frustate” e “il vicepresidente era il padre di un ministro”. Il binario bancario può far “deragliare” il treno del referendum indetto dal premier italiano assai più dei suoi errori politici: a cominciare dalla personalizzazione all’inizio della campagna elettorale, sancita dall’impegno a dimettersi in caso di sconfitta. L’Europa, tuttavia, fa male a trattare Renzi come un demagogo pronto a calpestare le regole Ue: se a sud delle Alpi vincerà il “no” e Renzi se ne andasse, il rischio che arrivino i demagoghi veri è reale e la cosa non sarebbe indolore neppure a nord delle Alpi.
La lunga analisi pubblicata dal Financial Times sull’intreccio fra crisi bancaria e prospettive politiche in Italia non ha certo riscosso la stessa attenzione della vignetta del Fatto sul ministro Boschi. Ma Sarah Gordon, senior business editor di FT, approda alla stessa conclusione: partendo dalle cose, non dalle “cos(c)e” come ha fatto Riccardo Mannelli. Le riforme italiane sono troppo importanti – non solo per l’Italia – per essere lasciate in balia di un discusso cabinet minister che il quotidiano della City non nomina neppure. E anche le banche italiane in difficoltà sono troppo importanti – anche in Europa – per restare ad agonizzare fra eurocrati stolidi e cancellerie miopi, ma anche nel guano dei conflitti d’interesse del premier con il suo cerchio magico.
Certo, l’appello pensoso della gazzetta di una piazza finanziaria sempre più apolide dopo Brexit – come sempre – nasconde un po’ d’interesse, anzi parecchio: fra i “risparmiatori” che la City vede minacciati da un avvitamento della crisi Mps non ci sono solo nuovi pensionati candidati al suicidio, come FT si premura di ricordare dal caso Banca Etruria. I quattrini a rischio – la maggioranza fra 5 miliardi di bond subordinati Mps in circolazione – sono anche quelli di investitori istituzionali della City (fra i quali la minuscola Algebris di Davide Serra…).
FT, d’altra parte, sta già emergendo come il vero stratega della lunga trattativa che Londra (la città degli affari molto più che la capitale del Regno) sta impostando per evitare la rottura con la Ue formalmente decisa dal referendum di giugno. Il quotidiano finanziario si era ovviamente schierato con decisione a favore del Remain e ora non lascia passare giorno senza costruire scenari e piattaforme utili a trovare soluzioni al clamoroso incidente-Brexit. Ed è scontato – da parte dei pensatori oxfordiani di FT – promuovere anzitutto quest’argomento: Brexit è stato uno scossone salutare anche per la Ue, forse soprattutto per la Ue; e il negoziato GB-Ue sarà alla fine il punto di partenza di una ricostruzione complessiva dell’edificio europeo.
Dunque, sembra dire nel caso specifico FT, noi richiamiamo voi europei sul dossier italiano (bancario e politico, politico-bancario) perché abbiamo a cuore il futuro dell’Europa più di voi italiani ed europei paralizzati (anche in Germania…) dalle vostre beghe politico-bancarie “locali”. Per questo continuiamo a endorse Matteo Renzi, sperando che non faccia la fine di David Cameron. Per questo suggeriamo a Renzi di sterzare in fretta: sulle banche e sul referendum. Se per esempio togliesse di mezzo in qualche modo il cabinet minister Boschi? O teme accuse “locali” di sessismo?