L”industria media italiana affronta il 2017 in crisi e fra molte incertezze, ma certamente non più in stato di immobilità. Il 2016 ha visto il settore avviare con decisione nel riassetto proprietario interno: la fusione fra Espresso-Repubblica e Stampa e poi l’Opas di Cairo Communication su Rcs hanno ridisegnato la mappa della grande editoria giormalistica. Nella seconda metà dell’anno le forti difficoltà finanziarie e gestionali emerse al Gruppo 24 Ore hanno aggiunto un’altra voce di primo livello al dossier-ristrutturzione. Poco prima della fine del 2016, la scalata di Vivendi a Mediaset – a valle dell’assunzione di controllo di Telecom fa parte dello stesso gruppo francese – ha infine scosso il comparto televisivo: il più rigido negli assetti, tuttora definiti in un duopolio codificato da prima dell’avvento del web.

Le aggregazioni sono la risposta classica all’esigenza delle imprese recuperare efficienza ed efficacia: tagliando i costi e riallocando gli investimenti in modelli di business innovativi. Non solo in Italia, la recessione ha colpito duramente i ricavi editoriali e pubblicitari: compressi però principalmente dall’irrompere del low-price – quando non del free – sui nuovi mercati digitalizzati. Il nuovo Corriere della Sera di Cairo (che nasce come editore tv a La7) e il nuovo polo Stampa-Repubblica a guida condivisa fra le famiglie De Benedetti e Agnelli cominciano ora a sviluppare le loro strategie, anche se qualche prima mossa si è già vista.

Rcs si è segnalata per un impegno rinnovato sulla raccolta pubblicitaria tradizionale: la cifra imprenditoriale del nuovo editore, formatosi alla scuola di Silvio Berlusconi. L’Espresso ha invece cominciato ad alleggerire il portafoglio dei quotidiani locali Finegil: ufficialmente per rispettare limiti antitrust in realtà obsoleti e probabilmente destinati a cambiare; nei fatti perché anche l’informazione locali è ormai un segmento di business da ripensare. Su Il Centro abruzzese ha deciso ora di puntare un pool di imprenditori locali; La Nuova Sardegna è stata presa in affitto da due manager editoriali di lungo corso: anche questo sarà un versante da monitorare con attenzione nel 2017, senza dimenticare che sui brand della stampa italiana non manca il potenziale interesse di investitori esteri.

Capitali non italiani guarderebbero anche a ll Sole 24 Ore, che deve reintegrare la sua base patrimoniale: lo ha detto il neo-presidente Giorgio Fossa, annunciando il nuovo business plan per le prime settimane dell’anno. Il turnaround del Sole si profila come un caso di massimo interesse: forse più ancora dell’affaire Mediaset. La crescita del Sole dagli anni 80 e 90 è stata una success story europea, nel 2017 il quotidiano di Confindustria è un concentrato di problemi: governance debole da parte di un soggetto lontano dal profilo dell’investitore e dell’imprenditore professionale; bilancio prosciugato di risorse da anni di perdite, eccessi di personale e costi fuori controllo: assenza di orientamenti strategici per stare in modo competitivo sul mercato digitale dell’informazione economica. La situazione del Sole a fine 2017 sarà indicativa anche al di là del caso specifico sul momento e sui percorsi dell’editoria italiana.

Il caso Mediaset riporta invece al rapporto fra media e politica. Il gruppo di Cologno che invoca protezioni nazionali – uso di regole o accesso preferenziale a finanziamenti bancari – non è diverso da altri editori che stanno chiedendo provvidenze statali per superare la crisi: come i fondi per prepensionamenti circa 400 giornalisti, che sono rimasti nell’anomala delega lasciata al neo-ministro dello Sport Luca Lotti. Nel frattempo la riforma dell’Inpgi, che avrebbe dovuto entrare in vigore ieri, è congelata dall’impasse-Poletti al ministero del Welfare, mentre il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti è fermo da un paio d’anni: chissà se nel 2017 editori e giornalisti riusciranno a scrivere regole concordate su come abbassare il costo del lavoro senza soffocare la professione e come aprire le porte del lavoro giornalistici ai millennial, nativi digitali.