Le Generali per prime hanno mostrato di credere ai rumor che dai giornali del weekend si sono trasmessi al lunedì di Piazza Affari, agitando il titolo (+4%). Il Leone, ieri sera, ha deciso a tamburo battente la più classica delle mosse anti-scalata: acquistare i diritti di voto sul 3% di Intesa Sanpaolo, indicata dalle indiscrezioni come la presunta-potenziale scalatrice. Ma è – per ora – l’unico elemento di fatto in una vicenda dai contorni “opachi”, per usare l’espressione del ministro dello Sviluppo Carlo Calenda a proposito della scalata Vivendi-Mediaset, per tante ragioni contigua all’ennesima “guerra delle Generali“.
Da un mese politica e mercati continuano a interrogarsi: ma Vincent Bolloré è davvero ostile al suo vecchio amico Silvio Berlusconi? Così ieri: Intesa Sanpaolo sta veramente pensando di diventare azionista forte delle Generali? Gli analisti (da Equita a Banca Akros) hanno tutti concordato sulla scarsa credibilità finanziaria dell’ipotesi: le fusioni fra banche e assicurazioni hanno raramente dato risultati, perfino negli anni d’oro della finanza. Figurarsi oggi: perché Intesa dovrebbe sacrificare patrimonio preziosissimo – e vigilatissimo dalla Bce – per un tentativo di acquisizione ostile, giustificato da motivazioni essenzialmente extrafinanziarie come la difesa dell”italianità” delle Generali? Perché una scalata di Borsa alle Generali, quando il sistema-Italia lotta ogni giorno per mettere in sicurezza Mps, le Popolari del Nordest, etc? Per di più una variante dell’ipotesi di lavoro guarda ad Allianz: il colosso tedesco sarebbe il “grande fratello” dell’operazione, che si risolverebbe in una smembramento delle Generali (il risparmio gestito e le polizze italiane a Intesa, la rete assicurativa estera ad Allianz). Lo schema appare un po’ diverso dalla narrazione sul passaporto italiano del Leone. E su questo sfondo appare un po’ più leggibile una “situazione”, più che una vera e propria “operazione” in cantiere.
La fine traumatica del governo Renzi ha improvvisamente scongelato istituzioni e dossier che il “giglio magico” dell’ex premier aveva messo al bando negli ultimi tre anni. Mediobanca è stata la vittima più illustre del renzismo: la sconfitta nella battaglia di Rcs (proprio ad opera di Intesa, finanziatrice di Urbano Cairo) è stato il momento più simbolico. Ma forse più rilevante nelle cifre industriali e di Borsa è stata l’emerginazione di Telecom: passata sotto il controllo di Vivendi di fatto sotto la regia di Piazzetta Cuccia. A Telecom – tuttora il primo operatore telefonico nazionale – il governo Renzi ha ostentatamente preferito Enel per i sussidi pubblici al Piano Banda Larga 2020.
Non c’è da stupirsi se – nella nuova terra di nessuno del governo Gentiloni – Mediobanca e Bolloré (suo azionista di riferimento estero, mentre UniCredit lo è ancora da parte italiana) si siano rimessi al lavoro su Generali: fino a prova contraria di loro proprietà con il supporto amichevole di di grandi industriali italiani. Il primo è Leonardo del Vecchio, che pochi giorni fa ha fuso la sua Luxottica con la francese Essilor; il secondo è Francesco Gaetano Caltagiorne, che pochi mesi ha concambiato la sua quota nella municipalizzata romana cin una partecipazione nel gigante francese Suez.
La situazione corrente di UniCredit (alle prese con un gigantesco aumento di capitale e sotto la guida di un manager francese come Jean-Pierre Mustier) aggiunge solo un indizio importanti: così come il fatto che da un anno il Ceo del Leone sia il francese Philippe Donnet.
Le Generali sono pronte per essere consegnate al colosso francese Axa? Forse, anzi: sarebbe logico sul piano strategico e finanziario (e forse anche politico: in questa fase di forti tensioni intra-Ue ed extra-Ue un consolidamento dell’asse Italia-Francia sembra una prospettiva oggettiva). La “controscalata” di Intesa (contro Mediobanca) e Allianz (contro Axa) è un progetto reale? O è un semplice studio di banche d’affari (quali)? E se, all’estremo opposto, fosse un buon pretesto perché Mediobanca, Bolloré & C accelerassero verso un’aggregazione “amichevole” fra Generali e Axa? Lo capiremo presto, forse già in settimana: quando sono convocati i cda di Generali (per giubilare il direttore generale italiano Alberto Minali, ma è un dettaglio) e di Intesa.
Fra mercati e scacchieri politici (“fra lune e dita”) non andrà perso di vista il “contesto”. UniCredit, il suo capo francese , i 13 miliardi da trovare il mese prossimi, il ruolo dell’azionista Allianz e quello di Mediobanca compongono solo il primo elemento. Il secondo – non meno importante – è la partita intrecciata Telecom-Mediaset (UniCredit è advisor di Fininvest, Intesa è “defender” designato di Mediaset contro Vivendi), Serve altro? Fininvest e Mediolanum sono azionisti di Mediobanca. Di una combinazione Generali-Mediolanum (partner di Mediobanca nel private banking) si parla da sempre. E il “nuovo Nazareno”, tormentato, fra Renzi e Berlusconi? Sembra fare il paio con lo spettro di Marine Le Pen alle presidenziali francesi, fra poche settimane. Bolloré giocherà quasi sicuramente per una “grande coalizione” a guida François Fillon: lo stesso impianto del “Nazareno Vs M5S-Lega” in Italia. Lo stesso di Cdu-Csu-Spd (forse) contro Afd in autunno in Germania.
(Guardate di cosa siamo finiti a parlare, gentili lettori del Sussidiario: l’Italia, nonostate tutto, non è ancora un paese di periferia. Grazie per l’attenzione e la pazienza; e restate connessi)