Costretta a sapere il Corano e obbligata a tenere il burqa

Tre anni dopo la scomparsa e la morte di Saman Abbas, un caso simile torna a scuotere l’opinione pubblica in Italia. Una giovane della provincia di Viterbo è stata minacciata e presa a bastonate dai genitori perché, obbligata a tenere il burqa, si era rifiutata: i fatti risalgono all’estate del 2020. La ragazza, all’epoca 14enne, si era rivolta ai carabinieri: “Non ce la faccio più, ho paura”, aveva raccontato. Alle spalle c’era una storia drammatica di maltrattamenti in famiglia per via della religione: dopo la denuncia, la famiglia, di origini pakistane, è finita a processo davanti al giudice del tribunale di Viterbo.



La giovane è stata invece portata in una casa famiglia della provincia per poi fare ritorno dalla mamma e dal patrigno. La ragazzina, il 13 giugno di quattro anni fa, chiamò di nascosto i carabinieri, raccontando di essere stata più volte maltrattata in famiglia perché non voleva indossare il burqa. “Ci ha aperto la porta di casa una ragazzina con in testa un turbante nero e addosso un lungo vestito tipico musulmano. Era sola e aveva paura che i genitori rientrassero prima del previsto. Ci ha detto che erano soliti picchiarla con un bastone lungo circa 60 centimetri” ha raccontato un maresciallo del Nucleo investigativo, come riporta Viterbo Today.



Obbligata a tenere il burqa: la denuncia di una 14enne

La 14enne residente nella Tuscia, obbligata a tenere il burqa, è stata sentita in audizione protetta qualche settimana dopo la denuncia, supportata da una psicologa. La ragazza ha raccontato di essere costretta a indossare il velo dalla famiglia e di essere punita fisicamente perché non conosceva il Corano o non seguiva i precetti della religione islamica come i genitori avrebbero voluto. Così, uno dei carabinieri le ha lasciato il suo numero di cellulare invitandola a scrivergli nel caso in cui avesse avuto bisogno. “Tra il primo e il 17 luglio mi ha inviato, usando di nascosto il telefono della madre, due messaggi audio su Whatsapp con voce tremula e bassa per non essere scoperta. In un vocale ha detto: ‘Mamma mi ha picchiato forte perché non riuscivo a ripetere un verso del Corano‘” ha rivelato ancora il maresciallo del Nucleo investigativo.



Il collegio dei giudici ha ascoltato, tra gli altri, anche la migliore amica della ragazza 14enne, che ha raccontato di conoscerla dalla quarta elementare ma solamente in terza media ha saputo della storia di “botte, maltrattamenti e violenza psicologica” che c’era dietro la famiglia. “La tenevano chiusa in casa e non la facevano uscire con le amiche e lei doveva inventare delle scuse. Le ho visto qualche livido addosso e mi ha raccontato che non trattavano bene nemmeno le sue due sorelle” ha spiegato la ragazza. L’amica “voleva uscire da questa situazione, così ha chiamato di nascosto i carabinieri che sono intervenuti e ha parlato anche con i professori a scuola”. La ragazza, di origini pakistane, per circa un anno ha vissuto in casa famiglia ed è poi tornata dai genitori dopo circa un anno: la situazione, a detta della migliore amica, è migliorata rispetto al passato. La giovane, nonostante abbia denunciato, non si è costituita parte civile ma il processo va avanti e la sentenza arriverà a marzo del prossimo anno.