«Non stiamo parlando di un obbligo ma di un onere o un requisito per svolgere una determinata attività»: così sul “Messaggero” il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, replica all’accusa avanzata dal Centrodestra (Salvini e Meloni) di utilizzare la potenziale estensione del Green Pass Covid come un sostanziale obbligo vaccinale da parte dello Stato. Con la variante Delta in espansione, tutti i Paesi europei si ritrovano al bivio già visto tante volte nell’ultimo anno e mezzo: passare a chiudere e restrizioni o puntare su tracciamento e prevenzione senza però riportare il dramma sociale ed economico dei lockdown? L’esempio dell’Inghilterra dovrebbe insegnare, ovvero nessuna restrizione dal 19 luglio nonostante l’espandersi del contagio: motivo? I vaccini.



Con una copertura in crescendo infatti le conseguenze gravi (ricoveri o peggio ancora morte) del Covid vengono schermate e non serve dunque ipotizzare chiusure sulla base di rialzo dei casi, perché un contagio non equivale (per fortuna, grazie ai vaccini) ad un malato. La Francia con Macron ha dato il via ad un approccio completamente diverso, ampliando le funzioni del Pass sanitario rendendo obbligatorio averlo (in alternativa un tampone negativo) per entrare in qualsiasi luogo pubblico al chiuso, dai mezzi ai ristoranti, dai bar agli stadi. Ed ecco “ritornare” in Italia, dove gli esperti e la politica si interrogano sulla possibilità di ampliare il Green Pass per evitare altre chiusure: lo scontro tra Centrodestra e Centrosinistra si permea anche in questo frangente, anche se oggi il Ministro Gelmini ha spiegato nel dettaglio come non vi sarà alcun “modello francese” ma, per incentivare le vaccinazioni, «vi saranno comunque riflessioni sull’ampliamento delle funzioni del Green Pass […] con una via che sarà tutta italiana».



MIRABELLI (EX CONSULTA): “L’OBBLIGO VACCINALE È LEGITTIMO”

A chi come Giorgia Meloni e Matteo Salvini (ma non solo) obiettano che il “metodo Macron” sia una sorta di obbligo vaccinale mascherato, il giurista Mirabelli spiega nel dettaglio come si “aggira” il vincolo della Costituzione sulla libertà individuale in merito alle ipotesi allo studio nei prossimi giorni presso il Ministero della Salute. «Deve essere una richiesta ragionevole, cioè ci deve essere il pericolo che svolgendo quella attività si possa determinare la diffusione dell’epidemia. Del resto, un tempo, chi lavorava nei pubblici esercizi, bar o ristoranti, doveva avere un certificato sanitario per dimostrare di essere esente dalla tubercolosi quando questa malattia era fortemente diffusa e infettiva», sottolinea ancora il presidente emerito della Consulta al “Messaggero”. Per Mirabelli non si tratterebbe di un divieto assoluto che colpisce la libertà della persona, il fatto di avere l’obbligo del Green Pass per entrare nei locali, «se si vogliono svolgere determinate attività che mettono a rischio le persone con cui si viene a contatto in rapporto a quell’attività, allora è ragionevole». Il ragionamento prosegue e rileva il “nodo” della questione: «la domanda è: è una limitazione adeguata, necessaria e proporzionata? Faccio un esempio: abbiamo visto nella ottima finale di calcio Italia-Inghilterra persone non distanziate, senza mascherine e urlanti, una gran festa per il virus. In quelle situazioni si può chiedere che chi entra nello stadio abbia il green pass o il tampone negativo? Nessuno mi impedisce di uscire di casa se non ce l’ho, nessuno me lo può richiedere se sto nella mia autovettura, ma se vado in un luogo affollato, o entro in un ospedale, porre un divieto o un onere per assicurare la salute è un limite adeguato, ragionevole e temporaneo». In maniera netta, Mirabelli conferma che l’obbligo vaccinale non è affatto incompatibile con la Costituzione: «Il diritto individuale alla salute significa anche che non posso subire danno da parte degli altri, c’è un interesse della collettività e delle altre persone a non essere infettate. Altra cosa se ci fosse una vaccinazione obbligatoria, in quel caso sarebbe necessario un fondamento legislativo, servirebbe una legge».

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