La Consulta “assolve” l’obbligo vaccinale per i sanitari, ma tra i giuristi il dibattito sul tema resta aperto. Lo dimostra il saggio di Alessandra Chiavegatti, magistrato di Cassazione, sul portale Studio Cataldi. «Ritengo che la Corte, con queste decisioni, abbia perso un’importante occasione per riaffermare i pilastri su cui poggia il nostro ordinamento, tradendo lo spirito che ha animato i Padri costituenti». L’idea è che siano state avvallate le scelte della politica, rifiutando il metodo scientifico e violando così la dignità della persona. In primis, contesta il modo in cui è stato liquidato, nel collegio chiamato a esaminare i ricorsi, Marco D’Alberti, nominato dal Capo dello Stato e precedentemente consulente giuridico di Mario Draghi. «I giudici dovrebbero dare garanzie di indipendenza e imparzialità anche sul piano formale, ma per la Corte costituzionale questo principio non vale», scrive l’esperta. La risposta alle obiezioni sul ruolo di D’Alberti «è stata che, in base al regolamento interno, i motivi ordinari di astensione e ricusazione non hanno rilevanza per quest’organo».
Quindi, l’accusa alla Corte di aver avvallato le scelte del legislatore, «che poi, durante tutto il periodo della pandemia, è sostanzialmente coinciso con l’esecutivo», tenendo conto dei molteplici Dpcm e decreti legge. Per Chiavegatti la Consulta non ha fatto altro che «giustificare l’operato di una politica attuata attraverso norme […] votate principalmente dall’esecutivo e meramente ratificate a posteriori» dall’Aula. La Consulta, basandosi sui pareri delle autorità sanitarie, non ha tenuto conto «che nella società scientifica internazionale vi era un acceso dibattito documentato da studi, dati, ricerche ufficiali, addirittura basato su documenti delle stesse case produttrici» dei vaccini Covid, riguardo la sicurezza e l’efficacia degli stessi.
OBBLIGO VACCINI, “CONSULTA HA ABDICATO A POSIZIONE DI TERZIETÀ”
Per la toga Alessandra Chiavegatti a parole è stata ammessa «la transitorietà della scienza», perché ha valutato una norma in rapporto alle conoscenze disponibili quando la stessa è stata introdotta. Questo probabilmente, a detta della toga, per aggirare il nodo dell’obbligo, visto che il decreto specificava che il vaccino serviva a prevenire l’infezione da coronavirus. Eppure, pochi mesi dopo l’introduzione dell’obbligo era chiaro che il vaccino non impediva il contagio. Nonostante ciò è stato prorogato l’obbligo. Chiavegatti osserva anche che la Consulta ha respinto ogni obiettivo sulla performance dei vaccini, sul rapporto tra rischi e benefici in rapporto alle fasce d’età e sugli effetti avversi, sposando «le tesi di una delle parti in causa (in questo caso lo Stato) […], abdicando, con la rinuncia a un’analisi critica e imparziale degli elementi e argomentazioni» loro sottoposti, «a quella posizione di terzietà che dovrebbe caratterizzare il potere giurisdizionale». Viene contestato anche il fatto che non siano stati fatti test prima delle vaccinazioni. «Per la Corte […], evidentemente, i cittadini non meritano cautele», scrive in maniera lapidaria il magistrato, ma parla anche di «mancanza di rispetto per la dignità umana», oltre che di «mancanza di empatia» e «distacco emotivo». Infine, attacca le campagne vaccinali e gli obblighi, «costruiti sull’inganno», con un «consenso non realmente informato», ottenuto con la «propaganda» e le «informazioni istituzionali ingannevoli».