Negli ultimi tre anni molti Paesi europei hanno approvato leggi che garantiscono agli ex pazienti il diritto a non essere rappresentati dalla malattia: la Francia è stato il primo a stabilire per legge che le persone con pregressa diagnosi oncologica, trascorsi dieci anni dalla fine dei trattamenti, o cinque per coloro che hanno avuto il tumore prima della maggiore età, non sono tenute a informare gli assicuratori o le agenzie di prestito sulla loro precedente malattia. Dopo la Francia è intervenuto il Belgio con una norma simile. In Lussemburgo, anche se non vi è una legge, vige dal 29 ottobre 2019 un accordo tra il Governo e le assicurazioni, in Olanda il “diritto all’oblio oncologico” è stato adottato con decreto-legge il 2 novembre 2020 e il Portogallo, con la legge 18 novembre 2021, n. 75, ha rafforzato l’accesso ai contratti di credito e assicurativi da parte delle persone che hanno superato o mitigato situazioni di aggravamento del rischio sanitario o di invalidità, vietando pratiche discriminatorie.
L’oblio oncologico è un diritto che non è ancora riconosciuto in Italia e sul quale il Parlamento sta lavorando per adeguarsi. Una persona guarita dal tumore continua ad avere problemi pratici come pratiche di lavoro, mutui, l’accesso ai servizi bancari, finanziari e assicurativi che richiedono certificati di salute pregressi; certificazioni richieste per lo svolgimento di funzioni o attività di qualsiasi genere o che comunque attestano l’idoneità fisica a tale svolgimento o lo stato di salute dell’interessato, finanche un’adozione. Un problema che riguarda più di 3.600.000 persone che hanno avuto una diagnosi di tumore.
Nonostante le tutele garantite dalla legge, molte persone subiscono penalizzazioni sul lavoro a causa di una malattia oncologica: discriminazioni, mobbing, demansionamento, mancati avanzamenti di carriera o assegnazione di un premio di produttività esclusivamente sulla base del numero di giornate di presenza sul luogo di lavoro. Sono forme di discriminazioni subdole, spesso difficili da contrastare perché sfuggono al controllo della legge: il cambiamento di un ruolo, l’allontanamento da compiti di responsabilità ricoperti prima della malattia, l’eccessiva rigidità nell’applicazione delle regole. E le cose possono essere ancora più complicate per i lavoratori autonomi che godono di minori tutele: in questo caso la malattia può essere vista dai clienti come causa di scarsa affidabilità.
Sono quattro i disegni di legge depositati di cui si sta cercando di unificare il testo. Due della maggioranza e due dell’opposizione, hanno misure molto simili tra loro e tutti prevedono il diritto all’oblio dai 10 anni dalla conclusione delle terapie, 5 anni per chi ha avuto la diagnosi in minore età o prima dei 21 anni. Due dei disegni di legge prevedono l’istituzione di un supervisore per l’applicazione della legge, un garante o una consulta per la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche. Peraltro il ddl, finalizzato a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza delle persone guarite da patologie oncologiche nell’esercizio dei diritti, è in attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, degli articoli 7, 8, 21, 35 e 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, del Piano europeo contro il cancro di cui alla Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio COM (2021) 44 final e dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Il divieto di trattamento dei dati di cui all’art. 9, comma 1, del Regolamento (Ue) 2016/679 (Gdpr), infatti, ricomprende le informazioni relative a patologie oncologiche pregresse, quando siano trascorsi dieci anni dall’ultimo trattamento attivo della patologia, in assenza di recidive o ricadute, ovvero cinque anni se la patologia è insorta prima del ventunesimo anno di età. Un diritto di civiltà per vivere.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.