Il Senato ha finalmente posto fine ad una discriminazione che colpiva in modo umiliante e doloroso persone che, nonostante fossero state dichiarate guarite da tempo, in determinate circostanze erano costrette a dichiarare di aver avuto un cancro. Guarite fisicamente, ma ancora portatrici di uno stigma, che impediva loro di accendere un mutuo, di adottare un bambino o più semplicemente di aspirare a un legittimo avanzamento di carriera nella loro professione. Il cancro, nonostante fosse stato sconfitto clinicamente, continuava a rappresentare un sintomo insidioso nella loro vita personale, familiare e sociale. Guariti, sì ma non del tutto! La grande scoperta è stata il rendersi conto che il cancro per essere curato definitivamente, senza lasciare traccia, ha bisogno dell’oblio. I malati, una volta guariti, debbono poter esercitare il loro diritto all’oblio, per ottenere una piena reintegrazione sul piano sociale e professionale.
La legge sull’oblio oncologico fa giustizia di un diritto umano troppo a lungo ignorato; ma se, e quando, questo diritto è ignorato, nella vita delle persone si crea una sorta di disabilità sociale, che entra in rotta di collisione con la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e ratificata nel nostro Paese oltre 17 anni fa, esattamente il 13 dicembre 2006. Una data che segnò un traguardo molto importante per porre fine, almeno in linea di principio, alle discriminazioni a cui troppo spesso le persone sono soggette per motivi che riguardano le loro condizioni fisiche, psichiche, sociali.
Se rispondere ai bisogni delle persone con una qualsiasi forma di disabilità è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, inclusivo, equo ed efficiente, e non a caso rientra nei diritti previsti dalla Convenzione ONU, la discriminazione di persone dichiarate guarite dalla comunità scientifica era una vera e propria ingiustizia, che andava rimossa da tempo. Eppure, ci sono volute diverse legislature, vari disegni di legge, e un forte pressing delle associazioni di volontariato, con la FAVO in prima linea.
Fortunatamente oggi moltissimi pazienti guariscono e guariscono definitivamente. Disponiamo di farmaci altamente innovativi, di terapie avanzate di ultima generazione; si stanno facendo investimenti importanti sul piano della ricerca e auspichiamo che si possa disporre presto anche di un vaccino. Dopo la drammatica pausa Covid sono ripresi gli screening dei tumori più diffusi per identificare i pazienti prima ancora di eventuali manifestazioni cliniche. Le tecniche di imaging avanzato: la TAC, la RMN, la PET, la Spect consentono diagnosi sempre più precoci e hanno salvato la vita a milioni di persone. Chirurgia e radioterapia dispongono di tecnologie che consentono interventi di assoluta precisione, a cui non sono estranei i contributi della robotica e della Intelligenza artificiale.
Ma la lotta contro il cancro non si esaurisce con la sconfitta della malattia; termina solo quando una persona può tornare ad una piena normalità; quando colui, che ormai è un ex-paziente, si riappropria del proprio progetto di vita e vive la sua vita sognando di poter comprare una casa, facendo un mutuo che potrà estinguere con il suo lavoro, con l’impegno che metterà per migliorare la sua condizione anche sul piano economico; quando potrà adottare un figlio, se davvero lo desidera. Ripetiamo spesso: la persona al centro; vogliamo promuovere lo sviluppo integrale di ogni persona, perché riconosciamo il valore infinito della persona per il solo fatto che esiste, così come è. E poche persone amano tanto la vita, la propria e per estensione quella di tutti gli altri, come chi ha dovuto lottare per difendere la propria vita, affrontando cure lunghe e complesse, non di rado dolorose, per cui è consapevole di che bene prezioso si tratti. Ma proprio per questo, una volta guarito, vuole viverla intensamente, mettendosi in gioco su tutti i piani, nel lavoro, in famiglia e sul piano sociale. Non a caso sono moltissime le persone che una volta guarite si dedicano ad attività di volontariato, per affiancare altre persone che stanno combattendo le stesse battaglie, per trasferire loro ottimismo e coraggio, a cominciare dalla coscienza piena dei loro diritti.
Sono oltre un milione gli italiani interessati dall’oblio oncologico perché considerati guariti, a fronte di oltre 3,6 milioni di persone che vivono con una diagnosi di cancro. La Legge, approvata l’altro ieri all’unanimità, prevede il divieto di richiedere informazioni su una patologia oncologica dopo 10 anni dal termine dei trattamenti, in assenza di recidiva di malattia in questo periodo. Per i pazienti più giovani, se la diagnosi è stata fatta prima dei 21 anni, il limite si riduce a 5 anni. La legge, vale la pena sottolinearlo, tutela non solo nei rapporti con banche e con le assicurazioni, ma anche in sede concorsuale, qualora sia prevista un’idoneità fisica e nell’ambito dei procedimenti di adozione.
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