Achille Occhetto, l’ultimo segretario del Pci, nel corso di una intervista a Sette, il settimanale del Corriere della Sera, ha parlato della prematura scomparsa del figlio Malcom, morto nel sonno a 52 anni a ottobre scorso. “Sono rimasto colpito dal cordoglio generale ricevuto, vuol dire che è un dolore universale che unisce tutti”, ha riflettuto.



Il ricordo di Malcom è ancora vivido nella sua mente. “Era volato da suo fratello. Dopo aver abbandonato il cinema, con tanti anni passati negli Usa, si era messo a studiare ingegneria. E aveva deciso di andare a cercare un nuovo lavoro alle Canarie. Là c’era già suo fratello Massimiliano, che con la sua compagna ha aperto una libreria che sta avendo successo. Malcolm era partito il giorno prima delle elezioni. È l’ultima volta che l’ho visto”, ha raccontato. Poi la tragica notizia, che ha voluto condividere sui social network, ricevendo innumerevoli messaggi di affetto.



Occhetto: “Morte di un figlio è dolore universale”. Il racconto

Achille Occhetto ha parlato inoltre del suo rapporto con la morte. “Più della morte temo la malattia invalidante, e uno Stato che mi impedisce di decidere della mia vita”. Il dramma che ha colpito suo figlio Malcom, tuttavia, ha cambiato la visione delle cose. “La morte di cui ho sempre avuto paura è quella di un figlio. Purtroppo l’ho incontrata e mi ha detto: ‘Non è vero, quanto dicono gli antichi, che quando ci sei tu non ci sono io e quando ci sono io non ci sei più tu. Eccomi, sono qui davanti a te’”.



Adesso non resta soltanto che il ricordo. “Per fortuna c’è ancora la mia memoria che tiene il mio Malcolm in vita. La sua gentilezza, la sua vitalità, le cavalcate su onde da paura che ci hanno fatto solcare i mari del nostro Mediterraneo, il suo starmi vicino, sempre un po’ più a sinistra ma con rispetto. E poi i suoi furori, in cui ribolliva la parte di sangue somalo, contro il razzismo, ma anche contro ogni forma di razzismo alla rovescia. E tante altre cose ancora”.