Dopo il clamoroso e imprevisto successo de La casa di carta è conseguente che Netflix investa nella distribuzione o co-produzione di thriller o prodotti di genere dalla Spagna. Ultimo arrivato dopo una serie di tentativi più o meno riusciti è Occhio per occhio, diretto da Paco Plaza regista specializzato in horror (suo Rec e seguiti assieme a Jaume Balaguerò) e interpretato da un fuoriclasse del genere come Luis Tosar (da recuperare il film che lo ha lanciato anche all’estero, Cella 211).



Il film è un thriller di vendetta con più di una sottotrama e vede Tosar nel ruolo di un infermiere specializzato nella cura dei malati terminali, degli anziani affetti da malattie degenerative: nell’ospizio in cui lavora arriva un vecchio boss del narcotraffico e l’infermiere comincia a instaurare un rapporto fin troppo stretto con il criminale. Come mai?



Ad arricchire, o forse ad appesantire, la sceneggiatura di Juan Galiñanes e Jorge Guerricaechevarría ci sono altre due linee narrative: i traffici della famiglia di narcos tra Colombia e Cina che porteranno alla frattura tra padre e figli e la moglie dell’infermiere incinta. Come si può vedere quindi Occhio per occhio (il cui titolo originale però è più significativo: Quien a hierro mata, ossia chi di spada ferisce) è un thriller famigliare, di relazioni spezzate e furie vendicative, in cui anche il pretesto è familiare, volendo il criminale fare giustizia della morte del fratello per overdose.



Il peso dei legami e delle tradizioni sicuramente rende il film perfettamente legato alla tradizione spagnola e mediterranea, con la scrittura che invece lo apre a lidi più internazionali (e infatti Netflix lo ha co-prodotto oltre che distribuirlo nel resto del mondo), che lo fa sottilmente disturbante come è giusto che una storia di vendetta sia, che poco a poco sovrappone le connotazioni di vittima e carnefice: a una prima parte meticolosa e ben tesa, il film di Plaza fa seguire una seconda più frenetica, in cui le tre linee di racconto si intrecciano con colpi di scena a susseguirsi fino a finali crudi e sorprendenti (più o meno).

Va detto che più il film procede meno la tensione e la credibilità reggono e i troppi congegni del meccanismo più di una volta finiscono per steccare, ma vanno riconosciute a Occhio per occhio una perizia di racconto e una capacità di avvinghiare la spettatore anche quando la regia di Plaza mostra i suoi limiti (soprattutto quando vuole accelerare o dare tocchi modernisti a un impianto di solida suspense). Ovvero niente di più e niente di meno di quanto lo spettatore medio vuole da un thriller, soprattutto da uno che non sia statunitense e che si può permettere di andare fino in fondo, di non fare marcia indietro per paura del pubblico.