A partire dal mese di agosto 2023 il reddito di cittadinanza non esiste più. L’Inps ha informato 169mila nuclei familiari che per il 2023 si è conclusa l’erogazione della misura di sostegno, limitata quest’anno ai soli primi sette mesi. La buona notizia è però che in attesa dell’entrata in vigore nel 2024 degli strumenti alternativi previsti dal Governo, dall’assegno di inclusione ai percorsi di formazione, qualche opportunità di impiego potrebbe venire dall’agricoltura. A segnalare la mancanza di manodopera nei campi è la stessa Confagricoltura che conferma come “nonostante le calamità di quest’anno come alluvioni, gelate e grandine che hanno duramente colpito numerosi comparti a partire da quello ortofrutticolo, le aziende agricole sono alla ricerca di manodopera, anche qualificata, per svolgere le mansioni necessarie alle fasi di raccolta”.



L’associazione insomma lancia un appello, che potrebbe rivelarsi una valida via di uscita alla mancanza di occupazione per chi non è più aiutato dal reddito di cittadinanza. “Molte persone occupabili al momento – afferma Guglielmo Garagnani, presidente di Confagricoltura Bologna – possono essere nella necessità di avere un lavoro e il settore agricolo può offrire loro numerose possibilità, a partire da un’occupazione stagionale legata alle campagna di raccolta, prima tra tutte la vendemmia ormai alle porte”. Va detto però che la manodopera impiegata in agricoltura richiede sempre più specifiche competenze e qualifiche, necessarie per svolgere le tante mansioni cui sono chiamati oggi i lavoratori. Un upgrading necessario soprattutto alla luce delle innovazioni tecnologiche introdotte nei campi. Un punto che potrebbe rappresentare una criticità, sul quale però il mondo datoriale si dice pronto a intervenire in modo proattivo.



“Per le nostre aziende agricole– continua Garagnani – è importante investire nella formazione dei lavoratori, ai quali vogliamo fornire tutti gli strumenti necessari per sviluppare un’agricoltura moderna”. Un obiettivo ambizioso che richiede quindi di fare squadra. “Si tratta – conferma Garagnani – di un percorso da svolgere insieme alle istituzioni, alle quali chiediamo meno assistenzialismo e più impegno nelle politiche attive del lavoro. Ecco, in un contesto storico come questo è necessaria un’azione di sistema tra istituzioni e mondo agricolo per avviare percorsi di formazione e inserimento al lavoro per quelle persone occupabili rimaste senza reddito di cittadinanza oppure che hanno bisogno di maggiori qualifiche e competenze per rispondere alle richieste delle imprese”.



Occorre insomma creare sinergie per risolvere un problema, la mancanza di forza lavoro nei campi, che resta aperto e certamente non di poco conto, come conferma anche la recente decisione dell’Esecutivo di intervenire con l’emanazione del nuovo Decreto Flussi, una misura accolta con favore da Confagricoltura, che però rischia di essere tardiva. “Prendiamo atto dell’attenzione del Governo che, resosi conto delle criticità del comparto primario, ha prontamente emanato il Dpcm con la ‘Programmazione dei flussi d’ingresso legale in Italia dei lavori stranieri per il triennio 2023-2025’– dice il presidente della Confederazione in Piemonte, Enrico Allasia – La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di questo decreto Flussi integrativo, tuttavia, è avvenuta solo il 14 agosto con molte campagne di raccolta ormai in pieno svolgimento. Numerose aziende, specie nei distretti della frutta, infatti, si sono dovute organizzare diversamente, ormai da settimane, per far fronte alle varie operazioni. Auspichiamo invece che il provvedimento possa essere utile per le raccolte delle varietà autunnali e nei vigneti”.

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