La settimana si è caratterizzata per due notizie entrambe sicuramente inquietanti per la ricaduta che hanno sui temi del lavoro. In Italia l’occupazione e gli incidenti sul lavoro aumentano. I dati recentemente pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica rivelano che l’occupazione ha raggiunto nuovi livelli record nel secondo trimestre dell’anno, con ben 23,5 milioni di persone occupate. Tuttavia, nonostante questo aumento, il tasso di occupazione femminile nel Paese rimane significativamente più basso rispetto ad altri Paesi dell’Unione europea, evidenziando divari di genere persistenti.
Le donne italiane continuano ad affrontare ostacoli significativi nel mercato del lavoro, spesso legati a responsabilità familiari e livelli di istruzione. In particolare, le madri risultano essere le più penalizzate, specialmente se vivono nel Sud Italia e hanno un basso livello di istruzione, e il problema maggiore è da attribuirsi alla mancanza di servizi per l’infanzia e la non autosufficienza che sono addirittura diminuiti e che non consentono alle donne di cercare e trovare un’occupazione regolare. Tutt’al più si ritagliano il tempo per lavoretti discontinui sottopagati e in nero.
La seconda riflessione attiene agli infortuni sul lavoro. Una sentenza della Cassazione a gennaio 2022 ha messo in luce l’evoluzione da un modello antinfortunistico “iperprotettivo” a un modello “collaborativo” in cui gli obblighi sono ripartiti tra datore di lavoro, RSPP e lavoratore. Si tratta della sentenza n. 836 con cui la Corte di Cassazione Penale, sez. IV afferma che si deve applicare un modello “collaborativo” e gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, lavoratori compresi. In tema di infortuni sul lavoro dunque, il datore che ha effettuato una valutazione preventiva del rischio connesso allo svolgimento di una determinata attività, fornito al lavoratore i relativi dispositivi di sicurezza, adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, non risponde delle lesioni personali derivate da una condotta esorbitante e imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Entrambi i casi – infortuni e occupazione femminile – chiamano in causa l’attività dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) per svolgere l’importante funzione preventiva antidiscriminatoria. Nonostante la legge del 17 dicembre 2021 numero 215 abbia restituito all’Inl le competenze che aveva in precedenza in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, permangono problemi di organico e di diversità di trattamento tra i vari organismi di provenienza Inps, Inail, Asl, che ancora oggi faticano a coordinarsi tra di loro. Si deve innovare la materia della prevenzione per salute e sicurezza attenzionando l’equiparazione della salute mentale dei lavoratori a quella fisica, introdurre la prospettiva di genere nella gestione della prevenzione dei rischi e rafforzare la tutela dei lavoratori a fronte dei rischi psicosociali tenendo conto, nella fase della sua elaborazione, del Quadro strategico dell’Unione europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027, una guida, per gli Stati membri, nell’individuazione delle priorità in termini di formulazione di politiche da adottare in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in settori quali la digitalizzazione, i lavori ecosostenibili, lo stress e i rischi psicosociali, intervenendo sui servizi di prevenzione per incorporare il fattore dell’età e della diversità generazionale nella gestione preventiva.
Bisogna promuovere con le aziende piani d’azione per migliorare e controllare le condizioni di lavoro nelle attività maggiormente interessate dai cambiamenti ambientali e demografici. Affinché, poi, anche le piccole e medie imprese vedano migliorare le proprie condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, la normativa di riferimento deve essere oggetto di revisione, al fine di renderne più agevole l’applicazione e di aprire spazi importanti alla formazione e all’addestramento in materia di prevenzione dei rischi sul lavoro. Nel caso dei lavoratori autonomi, dobbiamo apportare modifiche normative necessarie a rendere le loro condizioni di lavoro, in termini di salute e sicurezza, equiparabili a quelle dei lavoratori subordinati. È fondamentale incorporare nelle politiche pubbliche misure di prevenzione dei rischi appositamente delineate per i lavoratori affetti da patologie oncologiche e invalidanti e per categorie professionali, come i lavoratori domestici, o taluni lavoratori del settore della sanità, come i lavoratori del servizio di assistenza domiciliare, in favore dei quali è necessario adottare misure che consentano ai datori di lavoro di avere piena coscienza dei rischi e delle patologie legate a quel tipo di mansioni.
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