Nel rapporto economico dell’Ocse sull’Italia pubblicato ieri si può leggere che “lo spostamento dell’imposizione dal lavoro alle successioni e ai beni immobili renderebbe il mix fiscale più favorevole alla crescita, consentendo al contempo di incrementare le entrate. Sarebbe altresì necessario aggiornare i parametri per il calcolo della base imponibile dell’imposta sugli immobili, tenendo conto dei relativi effetti distributivi.” L’indicazione è contenuta tra i consigli per “portare il debito pubblico su una traiettoria prudente”.



Il problema dei debiti pubblici, da quattro anni a questa parte, ha ufficialmente smesso di essere un problema italiano ed è diventato un problema globale, da quando gli Stati Uniti hanno deciso prima di curare i lockdown mettendo direttamente i soldi sui conti correnti degli americani e poi di continuare imperterriti con deficit in doppia cifra nonostante un tasso di disoccupazione ai minimi. Il problema è ben noto e qualche giorno fa a Davos l’Amministratore delegato di Blackstone, Schwarzman, ha dichiarato, riferendosi agli Usa: “Abbiamo un deficit di 2 mila miliardi di dollari e non si vede la fine. Abbiamo il debito su Pil che sale. Abbiamo i confini aperti con 8 milioni di persone che arrivano. Non so, francamente, se il Paese è pronto per altri quattro anni così”. Più chiaro di così è impossibile. Il problema dei debiti pubblici, del deficit, di una montagna di debito diffusa nel settore privato è il problema dei problemi su cui si esercitano da due anni i principali esponenti del sistema finanziario globale.



L’Italia in questo contesto avrà anche più debito pubblico, ma molto meno privato; sicuramente rispetto agli Usa e ad altri Paesi del nord Europa. L’Italia è uno dei Paesi occidentali con il più alto tasso di possesso della prima casa. Per moltissimi italiani i risparmi sono la casa. Gli italiani non sono investitori finanziari particolarmente raffinati o particolarmente abituati ai mercati; lo si comprende dalla pigrizia con cui spostano i depositi dai conti correnti nonostante rendano poco o niente anche con l’inflazione alta. Dietro la prima casa non si nasconde una massa di ricchi borghesi. Gli italiani, comprensibilmente, non sembrano smaniosi di vendere la casa, in questo mercato, per investire sui mercati globali in questo contesto. Forse questa è la magnifica sorte che gli italiani dovrebbero abbracciare, pagando pingue commissioni, dopo il riequilibrio dell’imposizione fiscale.



Torniamo al cuore della questione: se non si possono curare i debiti pubblici e gli effetti di una demografia che sarà sfavorevole almeno per la prossima generazione con un consolidamento fiscale e tassi alti, perché iniettano troppa “volatilità” nei mercati, chi paga il conto? Tanto più se gli sviluppi geopolitici con la fine della globalizzazione lo peggiorano. Se il debito pubblico, in Italia, negli Usa e non solo, è tanto insostenibile, come mai i tassi sono così bassi tanto più in rapporto all’inflazione? C’è una bolla dei debiti sovrani che tiene le valutazioni delle obbligazioni, statali e non solo, artificialmente alte. A beneficiare di questa bolla non sono le famiglie proprietarie della prima casa e di poco altro. La questione diventa chiara: la tassa sugli immobili è un modo per pagare il conto che ne esclude altri probabilmente molto più traumatici per i “mercati”.

Un ultimo appunto. L’Ocse evidenzia le “abbondanti risorse di energia solare” che “collocano l’Italia in una buona posizione per realizzare la transizione climatica”. L’Italia da 18 mesi, dopo l’introduzione del bonus 110% e dopo la crisi energetica del 2022, registra un boom della capacità solare che si sostanzia di pannelli messi sui tetti. Il boom probabilmente continuerà anche dopo la fine dei bonus perché gli italiani, ricchi di risparmio privato, scelgono di mettersi i pannelli solari sul tetto per evitare quanto accaduto nell’estate 2022 dopo le sanzioni dell’Ue al gas russo. L’Italia, riguardo al solare, sembra indietro rispetto ad altri Paesi, ma in questo divario ci sono specificità che non si possono ignorare. L’Italia ha una densità abitativa che è più del doppio di quella spagnola, del 50% più alta di quella francese, e a parte la pianura padana, e poco altro, tutto il resto o è una montagna o una collina tendenzialmente ricca di storia e monumenti. I grandi campi fotovoltaici da stendere sopra prati incolti o non più coltivati non potranno mai essere il futuro “della transizione energetica italiana” a meno che gli abitanti dell’Italia decidano di farla anche a costo di morire di fame o di abbattere abbazie, palazzi e templi. Il solare in Italia non avrà mai dimensioni “industriali” a meno appunto di farlo senza gli italiani.

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