Inizia la calda estate italiana e le tre famiglie di Aldo, Giovanni e Giacomo si incontrano per caso nella lussuosa e piacevole villa vacanze, prenotata per errore da tutti e tre. Prima ancora che l’agenzia di viaggi possa rimediare all’errore, le tre simpatiche e difettose famigliole imparano a convivere forzatamente senza pestarsi i piedi, trasformando giorno dopo giorno la sopportazione in piacevole complicità.  



Nel commentare e raccontare i film di Aldo, Giovanni e Giacomo c’è sempre un po’ più di rispetto che verso altri comici, di nuova e vecchia data. C’è sempre un po’ più d’affetto, un po’ più di complicità, un po’ più fiducia riposta in un trio che non vorresti mai criticare. Un trio che sembra fatto di brave persone. Persone semplici, amichevoli, di casa.



Aldo, Giovanni e Giacomo sono ormai un solido pilastro della comicità italiana, al loro undicesimo film. Alcuni divertenti, alcuni no, alcuni per niente. Un po’ di minestra riscaldata, un po’ di novità, un po’ di piacevole reiterazione. Come in Odio l’estate: nulla da scoprire, ma molto da apprezzare.

Un buon ritorno, dopo tanta fatica cinematografica di mezzi sorrisi e decise perplessità. Una storia piacevole, una storia che ti aspetti, ma che gira scorrevole tra i ricordi di un’Italia sagomata e reale.

Aldo fa Aldo, e con lui l’Italia un po’ parassita e scansafatiche, ma anche amabile e passionale. Giovanni fa Giovanni, e con lui l’Italia pignola e puntuale, ma anche onesta e rassicurante. Giacomo fa Giacomo, e con lui l’Italia noiosa e borghese ma anche in fondo generosa e comprensiva. 



Tre scorci di verità caricaturale, abbondante di stereotipi, ma solidamente ancorata a verità. Tre ritratti inevitabilmente parziali ma tutto sommato familiari, accompagnati da tre nuove e azzeccate figure femminili, con propria personalità e spiccata caratterizzazione. La comicità dei tre, più tre, si affida nuovamente alla regia di Massimo Venier, compagno d’avventura di alcuni dei loro migliori film. Ritrova genuinità, un ritmo serrato e una buona scrittura che attinge a piene mani dai problemi del tempo, tra dipendenze digitali, crisi economiche e buchi educativi.

Odio l’estate fa sorridere, senza fragorose risate. Fa pensare, senza allontanarsi troppo da consueti scenari di popolare superficialità. Fa muovere le emozioni, senza fragorosi sconvolgimenti dell’anima. Un film che lascia addosso un po’ di nostalgia, un po’ di empatica magia e un po’ di bonaria rassegnazione nell’accettare il difficile mestiere dell’uomo all’italiana, della donna all’italiana, e dei figli all’italiana. Un mestiere meravigliosamente imperfetto, tanto semplice quanto complicato nell’impossibilità di cambiare pelle, natura e futuro.

Odio l’estate è l’Italia degli italiani, che amano l’estate, il sole, gli ombrelloni, la buona compagnia e i difetti nostrani. È l’Italia che fa tenerezza e simpatia, l’Italia che poi così male non è. L’Italia del chiudere un occhio, di una mano lava l’altra e della goffa dittatura del mediocre. L’Italia che ci piace vedere al cinema, per riderci sopra, ridendo in fondo proprio di noi stessi.

Odio l’estate esce d’inverno e ci prepara alla stagione che verrà. Che sarà l’estate di sempre, uguale a quella dell’anno prima, e di quello prima ancora. E quasi certamente uguale anche a quella dell’anno dopo.