Ettore Ruberti, ricercatore all’Enea e professore di biologia all’università ambrosiana, oltre che direttore del Dipartimento di Biologia ed Ecologia della Scuola Superiore Santa Rita, è stato intervistato da La Verità per parlare del futuro dei prodotti italiani e dell’aiuto che possono dare in tal senso i genomi e le Ogm. Dopo anni di avversione, la Commissione ambiente del Parlamento dell’Unione Europea ha ammesso le piante NGT, (nuove tecniche genomiche) distinguendole in Ngt1 e Ngt2: “La differenza fra gli Ogm e le piante Ngt – precisa Ruberti al quotidiano – è che i primi si ottengono introducendo uno o più geni provenienti da specie diverse, i secondi modificando geni appartenenti alla stessa pianta o da specie affini, e sono Ngt1 o Ngt2 a seconda che si modifichino meno o più di 20 geni”. L’esperto sottolinea come non vi sia alcuna ragione per temere gli Ogm, nonostante il forte scetticismo nei loro confronti: “Come per tutte le nuove tecnologie, anche gli Ogm sono guardati con sospetto ed avversione dal pubblico non specialista. L’avversione è particolarmente forte in l’Italia, dove è maggiore la propaganda svolta da alcuni gruppi di pressione (ambientalisti, vegetariani, opinionisti televisivi, no global, ecc.)”.
Una opposizione che si deve anche, come spesso e volentieri accade in questi casi, all’ignoranza in materia: “Da un attendibile sondaggio di qualche tempo fa emerse che 2 persone su 3 erano convinte che il Dna si trovi esclusivamente negli Ogm, e la cosa fa sorridere, perché, verrebbe da chiedersi come si fa a modificare un Dna inesistente. È significativo che vari governi di Paesi Ue proibiscano la coltivazione ma non l’importazione di Ogm”. Ruberti sottolinea come in Italia, “la paura irrazionale fomentata dai Verdi” abbia portato ad una situazione di blocco totale “Quando i Verdi erano al governo – precisa ancora – ai nostri ricercatori erano impedite perfino le collaborazioni di ricerca internazionale e si fomentavano campagne di odio irrazionale verso qualsiasi conquista in questo settore”.
RUBERTI E LE OGM: “CIO’ DI CUI HA BISOGNO L’UOMO…”
Ruberti sottolinea come alcuni prodotti OGM come ad esempio il Golden Rice o la Golden Potato, siano ricchi di Vitamina A “che è carente nella alimentazione di molte popolazioni del Terzo Mondo. Va sottolineato che esistono rigidi controlli prima che un vegetale Ogm sia immesso sul mercato, e in questo caso esso è senz’altro migliorato”.
Per il biologo non è vero che naturale significa necessariamente un bene: “Se naturale significa essere spontaneamente in natura, allora quasi nessuna delle piante coltivate dall’uomo è naturale. Esse sono il risultato di selezioni avvenute negli ultimi 10.000 anni. Le caratteristiche utili all’uomo spesso non coincidono coi bisogni della pianta e della propria sopravvivenza. Le piante selvatiche producono spesso potentissime tossine per proteggersi da parassiti e da erbivori. Quelle coltivate per l’uso umano non devono produrle e per questo necessitano di essere difese con presidi sanitari”, ricordando poi che la selezione dei vegetali utili all’uomo sia stata fatta attraverso “l’ibridazione, che comporta una modificazione profonda nel Dna della pianta, o con agenti esterni come, per esempio, l’irraggiamento con sostanze radioattive. Mi piace ricordare che il Creso – una delle migliori qualità di grano duro – fu ottenuto all’Enea dal Professor Gian Tommaso Scarascia Mugnozza che, dopo aver ibridato il grano della varietà Capelli con una varietà americana resistente ai climi aridi, lo espose a radiazioni gamma. La nostra pasta migliore è, di fatto, geneticamente modificata ed è la migliore al mondo”.
RUBERTI E LE OGM: “AGISCONO SOLO SU 2 O 3 GENI”
L’Ogm di contro agisce su pochi geni, 2 o 3 e le modificazioni genetiche sono perfettamente accettate nei Paesi ExtraUe “Mentre in Europa, nonostante pregevoli ricerche in corso, le licenze per la coltivazione sono raramente accordate, mentre le coltivazioni sperimentali vengono scoraggiate, osteggiate, o addirittura distrutte”.
Guberti chiosa sottolineando come siano molti i prodotti tipici italiani che sono “a rischio di estinzione”, aggiungendo che: “Molte delle varietà, che desidereremmo salvare dalla globalizzazione della grande distribuzione, hanno difetti genetici che ne condizionano pesantemente la produttività. Frequentemente si tratta di sensibilità ad agenti patogeni: il pomodoro San Marzano, il riso Carnaroli, le viti Nero d’Avola e dell’Oltrepò Pavese sono messi a dura prova ognuno dal proprio flagello, sia esso virus, fungo o batterio”, di conseguenza la soluzione può essere proprio l’Ogm: “Se un Ogm ha dimostrato di essere sicuro tanto quanto il corrispondente vegetale tradizionale, lo si usi senz’altro, senza inventarsi rischi immaginari e inediti”.