MINNEAPOLIS – Una storia americana, quella di OJ Simpson. Un ragazzo di colore che si ritrova a vivere in una famiglia decisamente disfunctional, con un padre che ama fare il travestito (e che morirà di Aids), nessun interesse per la scuola e grande passione per lo sport. Una strepitosa carriera sportiva dagli anni del College alla NFL, la lega professionistica di football americano, fino a diventare uno dei più grandi e più amati running back nella storia di questo sport.



All’apice della carriera, nel 1973, nominato pure Most Valuable Player, miglior giocatore. Nove anni con i Buffalo Bills e poi nella sua San Francisco a terminare una carriera da Hall of Fame, rimanendo popolarissimo come commentatore sportivo e persino come attore grazie alla trilogia della Naked Gun. E poi, improvvisa, sulla vita di questo uomo di colore che risponde al nome di OJ Simpson, una vita che sapeva di favola, cade la notte più buia. Una notte che inopinatamente ha il sapore del sangue di Nicole Brown Simpson, ex moglie di OJ Simpson. Il 12 giugno 1994, trent’anni fa, Nicole Brown viene trovata morta, uccisa a coltellate assieme al suo amante. OJ Simpson, che già si era reso protagonista di episodi di violenza domestica, diviene immediatamente “person of interest“. La polizia lo va a cercare e lui invece di farsi trovare che fa? Sale sul suo Ford Bronco bianco assieme all’amico ed ex giocatore di football Al Cowlings, al volante. Con una pistola in mano, minacciando di togliersi la vita, per otto ore il Ford Bronco gira a vuoto, senza meta, sulle interminabili highways della California, seguito dagli sguardi increduli di 95 milioni di americani incollati alla televisione.



Ha inizio così una delle avventure giudiziarie (e umane) che più hanno tenuto con il fiato sospeso l’America in questi ultimi decenni. Fiato sospeso e animi divisi tra simpatie e antipatie preconcette, schieramenti dettati dal ceto sociale e da questioni razziali e interpretazioni e valutazioni di quello che il processo che ne seguì mise in piazza. Perché se è vero che nell’aula del tribunale Johnnie Cochran e la sua squadra di avvocati difensori misero in mostra tutta la loro abilità e destrezza, è anche vero che movente e prove presentate dai pubblici ministeri Marcia Clark e Christopher Darden (lei bianca, lui nero) sembravano proprio schiaccianti.



Ricordo molto bene quel 3 ottobre 1995. Ero andato in un pub con un amico proprio perché era girata voce che il verdetto fosse prossimo. E ricordo molto bene, alla pronuncia, la reazione dei tanti che affollavano il locale. “Assolto! …e chi se l’aspettava?”. Insomma, con quello che si era visto e sentito nel corso del processo all’innocenza di OJ Simpson non ci credeva quasi nessuno.

Ma questa storia americana, questa tragedia americana non si ferma qui. Per OJ Simpson, di lì in poi, caduta libera: nel 1997 una giuria civile lo condannerà a pagare alle famiglie di Brown e Goldman (l’amante di Brown) 33 milioni e mezzo di dollari per omicidio colposo; nel 2008 viene condannato a 33 anni di carcere per rapina a mano armata avvenuta in un hotel di Las Vegas… uscirà di prigione nell’ottobre 2017, on parole, e di lui si sentirà parlare molto poco. Fino a oggi.

Adesso OJ Simpson se n’è andato, ha lasciato questa terra portando con sé i suoi segreti. E qualunque sia stata la sua colpa, anche lui adesso può riposare in pace.

God Bless America! 

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