Siamo soliti prendercela con la Germania, ma più dei tedeschi a “sabotare” il piano dell’Italia di affrontare l’emergenza economica del coronavirus varando lo strumento degli eurobond (o coronabond) è l’Olanda. Sono i Paesi Bassi ad avere standard di rigore elevatissimi e ad attendersi che tutti si adeguino ai loro. Sfugge però un dettaglio: in questo caso l’Italia non ha fatto la cicala; ha solo avuto la sfortuna di essere colpita prima degli altri da uno shock sistemico e soprattutto simmetrico rispetto al resto d’Europa. Eppure, neanche una minaccia esistenziale come il coronavirus sembra convincere gli olandesi a modificare la propria forma mentis improntata all’ortodossia (anziché alla solidarietà, come accade a queste latitudini). Basta leggere il tweet di Andries Knevel, teologo olandese, scrittore e presentatore della tv e radio finanziata dalle fondazioni protestanti olandesi: “Nella Bibbia, Giuseppe consiglia al Faraone di risparmiare durante i 7 anni ”grassi” per far fronte ai 7 anni ”magri”. I Paesi Bassi hanno fatto un ottimo lavoro. Ora dobbiamo aprire i nostri granai per paesi che fanno festa da 7 anni: Italia, Francia, Belgio? #Eurobonds”.
L’OLANDA “NON APRE I GRANAI PER CHI HA FATTO FESTA”: MA UN PARADISO FISCALE CHE FA LA MORALE…
Appare però quanto meno paradossale, come sottolineano molti osservatori in queste ore, che a fare la morale ai Paesi mediterranei sia l’Olanda, un Paese che grazie alla sua politica fiscale sottrae ogni anno all’erario nostrano (e non solo) diversi miliardi di euro. Anche l’Ue in passato si è mossa osservando che “la lotta contro la pianificazione fiscale aggressiva è essenziale per rendere i sistemi fiscali più efficienti ed equi, come riconosciuto nella raccomandazione del 2019 relativa alla zona euro”. Alle raccomandazioni Ue, dove si sottolineava che “gli effetti di ricaduta delle strategie aggressive di pianificazione fiscale tra Stati membri richiedono un’azione coordinata delle politiche nazionali a completamento della legislazione dell’UE”, i Paesi Bassi hanno risposto però con un’alzata di spalle. Finanche il National bureau of economic research di Cambridge definisce i Paesi Bassi un paradiso fiscale europeo alla stregua di Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Malta e Cipro. “Secondo le nostre stime – si legge del documento di Nber – lo spostamento dei profitti da un Paese all’altro da parte delle multinazionali riduce gli introiti fiscali aziendali all’interno dell’Unione europea di circa il 20%”. Soldi che in questo momento avrebbero fatto comodo. L’Olanda dovrebbe saperlo, attenta ai conti com’è.