La benedizione del direttore generale della Agenzia mondiale antidoping è un pochino datata. Correva infatti l’anno 2021 quando Oliver Niggli esaltava “l’assoluto livello” del laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa in vista delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026. Sapeva bene che oltre alla “qualità” in questi casi si deve far fronte alla “quantità”. Non l’avevano avvertito – poverino! – che il laboratorio romano non era assolutamente in grado di garantire la quantità di prelievi e analisi che richiede una competizione olimpica.



Poco male: le autorità politiche italiane avevano almeno un quadriennio per ampliare l’esistente o per costruirne uno nuovo. Come per gli impianti però, anche per questo aspetto i governi Conte e Draghi hanno dormito e ora la cabina di regia si ritrova con l’acqua alla gola.

Sorvoliamo sul fatto che a 50 giorni dall’ispezione del Cio non si sappia ancora dove si gareggerà col bob e altre cosucce del genere e concentriamoci invece sul laboratorio antidoping o presunto tale. Su questo argomento (da almeno 10 milioni di euro) si sfidano quattro lobby: quella che vorrebbe a Milano la location della nuova struttura (Coni contrario e dunque ipotesi perdente) e le faide romane. Ampliamento dell’Acqua Acetosa? Dislocazione nella zona del Gazometro o a Tor Vergata?



Oddio, nulla di drammatico questo tira e molla se si pensa che la Wada tolse l’accredito al Laboratorio di Rio quando mancavano 6 settimane all’inizio dei Giochi olimpici, salvo poi restituirglielo 15 giorni prima del via. Ma visto che anche in cabina di regia si comincia a parlare di spedire le provette di Milano a Colonia e quelle di Cortina a Losanna, viene il sospetto che questo inconcludente tira e molla possa essere pure alimentato ad arte. Da chi?

In questo mondo abbiamo visto di tutto e non saremmo sorpresi che i laboratori di Colonia e Losanna suscitassero un fascino irresistibile per le Federazioni internazionali. Non che un laboratorio antidoping a Roma garantisca alcunché – sia chiaro! – ma le vicende passate dei due laboratori su citati (quelle dei casi Armstrong e Schwazer per citarne alcuni) suggeriscono una qualche “malleabilità” a chi viene politicamente misurato sul numero di medaglie conquistate. Chi ha orecchie per intendere, intenda…



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