Le Olimpiadi sono una faccenda complicata. Intendiamoci, sono una cosa bellissima: sport, unione tra i popoli, mondovisioni, grandi interessi turistici e commerciali e via dicendo. Ma i meccanismi e la roadmap sono difficili e pericolosi: a ogni passo si rischiano scivoloni verso sperperi, costi fuori controllo, mal utilizzo degli ingenti fondi necessari, successivi abbandoni delle strutture dedicate erette in fretta… Tutto risolvibile con puntuali attenzioni, per carità, ma la storia insegna di molte tristi sorti capitate in passato (il villaggio olimpico abbandonato dopo i Giochi di Atene 2004, sorte identica per quello di Rio 2016, praticamente simile fine anche quella degli impianti per le Invernali di Torino del 2006).



Ora, mancano poco più di due anni ai Giochi invernali di Milano-Cortina 2026, il tempo corre e i lavori necessari procedono mica tanto spediti, anche se tutti assicurano per questi casi imprevedibili sprint finali. Sarà come sarà, nel frattempo in Cadore si discute ancora sul destino del futuro villaggio olimpico, per il quale la decisione sembrava ormai presa e archiviata. Lo scorso aprile, infatti, il sindaco di Cortina Gianluca Lorenzi aveva annunciato la decisione di erigere un villaggio fatto di casette provvisorie, per circa 1200 posti letto, in località Fiames, con una spesa di 36 milioni di euro.



Le firme. Lo scorso giugno, però, è partita una raccolta firme, strutturata anche con presìdi sul territorio, sostenuta dai sindacati confederati per dire no al villaggio olimpico a Fiames e sì invece al recupero dell’ex villaggio Eni a Borca. “I Giochi Olimpici e paralimpici invernali Milano-Cortina 2026 – secondo Cgil, Cisl e Uil – devono essere, oltre che occasione di sviluppo e promozione del territorio, una risposta reale ai princìpi che il Comitato olimpico internazionale definisce come fondamentali per le manifestazioni sportive, ovvero di sostenibilità ed eredità a evento concluso. Se il villaggio olimpico fosse individuato e realizzato a Borca, potrebbe ospitare circa 1.200 persone e potrebbe rispondere successivamente ai giochi Olimpici anche all’ospitalità turistica e soprattutto al social housing che tanto serve al territorio montano bellunese”. Con un chiaro riferimento alla cronica carenza delle staff-house, gli alloggi per il personale, soprattutto stagionale, principale causa del difficile recruiting di addetti per hotel, ristoranti e qualsiasi altra attività produttiva.



I siti. Fiames è un minuscolo villaggio alle porte di Cortina, conosciuto quale partenza di lunghe piste di sci di fondo e come area dove durante il conflitto mondiale funzionò un campo di volo, trasformato poi in piccolo aeroporto per i Giochi Olimpici invernali del 1956, teatro di vari tragici incidenti, e chiuso definitivamente nel 1976. Altra storia, più interessante, quella del villaggio Eni di Borca, parto dell’economia sociale e del welfare aziendale ante litteram delineati da quel vulcano che fu Enrico Mattei. Il quale Mattei, motore dell’industria petrolifera nazionale, uomo che non aveva paura di scontrarsi con le major del settore (e che per questo fu eliminato nel tragico incidente del ’62 che fece precipitare il suo bireattore a Bascapé, nel pavese), volle creare per i suoi dipendenti un villaggio vacanze (due settimane di soggiorno pagato in cambio di undici mesi di lavoro sereno).

Era la metà degli anni Cinquanta: Mattei mise al lavoro l’architetto Edoardo Gellner e la quasi già archistar Carlo Scarpa in un’area di 120 ettari sopra Borca di Cadore, giusto ai piedi dell’Antelao. Circa 280 villette monofamiliari, due hotel, una specie di colonia per 600 bambini, una chiesa, e altre strutture ricreative, un bazar, un bar, un centro benessere, campi da tennis, piste da bowling. Ne venne fuori un villaggio incredibile, futurista e allo stesso tempo sostenibile per l’ambito montano, un capolavoro di design e materiali che si conquistò le riviste di mezzo mondo, il tutto all’ombra del simbolo Eni-Supercortemaggiore: il cane a sei zampe. I lavori proseguirono spediti fino alla morte di Mattei, poi si fermarono, ma le costruzioni ultimate entrarono comunque in funzione e accolsero ospiti fino 1992. Poi fu l’abbandono fino al 2000, quando il villaggio, ormai degradato, venne ceduto alla società Minoter.

Da lì una faticosa risalita, anche grazie al lavoro del comitato Dolomiti Contemporanee, che dal 2011 studia la rigenerazione dei siti montani sottoutilizzati, e del Progetto Borca, che mira proprio a riscoprire il Villaggio Eni, anche con un programma internazionale di residenza d’artista, nella speranza che il villaggio torni ad essere un modello di ospitalità e un punto di riferimento per il territorio. “E quale soluzione migliore – sostiene Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee e ProgettoBorca – di un riutilizzo quale villaggio Olimpico?”. “Ci domandiamo – ribadiscono i sindacati – se la montagna bellunese abbia il diritto a poter veder investiti i soldi pubblici, anziché per opere faraoniche provvisorie, per la messa in sicurezza e la riqualificazione di edifici già esistenti che potrebbero essere poi destinati a politiche abitative inclusive quale il social housing e/o per la ricettività turistica che sono fondamentali per le prospettive di sviluppo e di rilancio del territorio”.

La raccolta firme prosegue, la conclusione resta incerta.

I collegamenti. Nel frattempo, considerata anche l’insufficienza dell’attuale rete viaria e la necessità di assicurare trasferimenti sostenibili e non influenzabili dal traffico, la Fondazione FS Italiane annuncia che il 24 e il 25 agosto “i rotabili saranno impegnati in una corsa prova tra Milano Centrale e Calalzo Pieve di Cadore Cortina, effettuata per conto di FS Treni Turistici Italiani”. Di fatto, è la tratta della vecchia “Freccia delle Dolomiti”, freccia si fa per dire, vista la lentezza dei convogli che furono attivi dal 1955 fino alla soppressione, nel 1999. “L’obiettivo – sostiene la Fondazione – è testare le prestazioni delle locomotive, le tracce e altri aspetti logistici in vista dei primi servizi con treni Espressi di FS TTI in Cadore”.

Nulla è certo, per ora, ma sembrano chiare le premesse per un ripristino della linea di collegamento, ovviamente proprio in vista dei Giochi del 2026.

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