Diego Soddu, professione avvocato e dal 2011 tutore di Olindo e Rosa durante la loro detenzione per la strage di Erba, è intervenuto poche ore fa ai microfoni del quotidiano L’Unione Sarda per parlare di ciò che ha spinto la difesa a chiedere la revisione del processo. A ritenere i coniugi Romano-Bazzi, condannati all’ergastolo in via definitiva per il massacro dell’11 dicembre 2006, vittime di un errore giudiziario clamoroso non è soltanto il pool di avvocati e consulenti che li assiste, ma anche un magistrato di lungo corso ben noto per la sua carriera anche oltre l’Italia: Cuno Tarfusser. Si tratta del sostituto procuratore generale di Milano che, per primo e con un’azione senza precedenti, ha chiesto che il caso si riapra perché convinto che le indagini dell’epoca, allora centrate sulla coppia e sfociate in un processo sigillato con il massimo della pena in Cassazione, presentino criticità e falle al limite del fantascientifico. Ma non è tutto: Tarfusser avanza anche lo spettro di una frode processuale e lo ha chiaramente indicato nelle 58 pagine della sua istanza di revisione poi ammessa dalla Corte d’Appello di Brescia insieme a quella depositata dalla difesa.
Per Soddu, come riporta L’Unione Sarda, la posizione di Olindo e Rosa sarebbe come quella di Beniamino Zuncheddu, ex allevatore sardo assolto nel giudizio di revisione dopo aver trascorso ingiustamente 33 anni della sua vita in carcere per la strage di Sinnai. Il tutore di Olindo Romano e Rosa Bazzi non ha dubbi sul motivo che avrebbe portato la coppia a ritrattare le confessioni: “Erano stati indotti a confessare. Sono stati pressati dai pm che li interrogarono. Olindo e Rosa si sono sempre professati innocenti prima di essere arrestati l’8 gennaio del 2007. Del resto, neanche dalle intercettazioni fatte all’indomani della strage e sino all’ordinanza di custodia cautelare emerge il loro coinvolgimento nel quadruplice omicidio. Addirittura Olindo e Rosa si dichiarano innocenti anche nel primo interrogatorio dopo l’arresto“.
Strage di Erba, Diego Soddu tutore di Olindo e Rosa sulla macchia di sangue: “Inquinamento probatorio incolpevole…”
Il tutore di Olindo e Rosa ha poi affrontato il nodo dell’unica prova scientifica che ha inchiodato la coppia per la strage di Erba, la famosa macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini che l’ex brigadiere Carlo Fadda, all’epoca in servizio al Nucleo di Como, avrebbe trovato sul battitacco dell’auto di Romano lato guidatore. Si tratta della sola traccia ematica che avrebbe collegato i Romano-Bazzi al massacro, non essendo stato trovato nulla dei due sulla scena del crimine né tracce delle vittime a casa loro. Per accertare se vi fosse del sangue nell’appartamento della coppia, il Ris di Parma smontò addirittura le tubature senza trovarne. E proprio gli uomini del Reparto scientifico dei carabinieri, allora guidato dal generale Luciano Garofano, si trovarono a passare al ruolo di testimoni della difesa dopo l’esito negativo delle analisi che avevano condotto su incarico della Procura.
“Questa è la prova scientifica, uno dei tre pilastri su cui si è retto il giudizio di colpevolezza dei coniugi – ha dichiarato Soddu –. La traccia appartiene alla Cherubini, una delle vittime. Si tratta di sangue repertato dal brigadiere Fadda, che lavorava al Comando di Como. Ma quel materiale ematico nessuno l’ha visto. Nell’unica foto scattata, è stato usato un evidenziatore per indicare il punto della macchia, che infatti non si vede. Siamo all’abc della repertazione in ambito forense: se una traccia di sangue è visibile grazie al luminol, basta fare una foto con la luce spenta perché si veda. Nulla di tutto questo è avvenuto. La pensa come noi il sostituto Tarfusser, secondo il quale manca la prova della catena di custodia del reperto (…). Il giorno della strage i carabinieri sono saliti sul luogo del delitto. Qualche ora dopo risulta che hanno perquisito l’auto di Olindo e Rosa. Possiamo o no avere il dubbio che quella traccia di sangue sia stata portata in modo innocente dagli inquirenti? (…) Si consideri che l’auto di Olindo venne perquisita da chi, poco prima, si trovava sul luogo della strage. Per questo la difesa contesta anche l’inquinamento probatorio incolpevole“.