Strage di Erba, Olindo Romano e Rosa Bazzi assassini e condannati all’ergastolo in via definitiva. Questo l’esito del processo a carico della coppia, marito e moglie ignoti alle cronache fino al massacro che, secondo gli inquirenti, avrebbero commesso al culmine di una spirale di liti di vicinato in cui, nei mesi precedenti, non sarebbero mancati insulti e scontri fisici. Fino all’11 dicembre 2006, Olindo Romano e Rosa Bazzi sarebbero stati due cittadini come tanti, incensurati, residenti qualunque della città in provincia di Como poi diventata teatro di una mattanza senza precedenti. Tre gradi di giudizio si sono conclusi con un solo esito: colpevoli. Ma la difesa, così come il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser e il loro tutore, l’avvocato Diego Soddu, li ritiene innocenti. Intrappolati nelle maglie di un clamoroso errore giudiziario persino per una delle vittime collaterali del massacro, marito e padre di due delle persone uccise quella notte in via Diaz: Azouz Marzouk. Nella strage di Erba perse la vita la moglie, Raffaella Castagna, e il loro figlio di 2 anni, Youssef, ma è convinto che i suoi ex vicini di casa Olindo e Rosa non possano aver commesso la carneficina di cui la giustizia italiana li ritiene responsabili.
In quell’orrore morirono anche Paola Galli, suocera di Marzouk, e la vicina di casa Valeria Cherubini. Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio, fu l’unico superstite e divenne testimone chiave dell’accusa contro i Romano-Bazzi. Il suo racconto – seppur tardivo dopo l’iniziale descrizione di un aggressore totalmente diverso da Olindo – contribuì in modo decisivo alla condanna insieme a elementi come le confessioni della coppia – poi ritrattate – e una macchia del sangue di sua moglie isolata sul battitacco dell’auto di Romano. All’epoca della strage di Erba, Olindo e Rosa erano un netturbino e una donna delle pulizie dal ménage piuttosto chiuso e riservato. Una coppia di sposi legata non solo da un sentimento forte, ma anche da ritmi quotidiani scanditi da abitudini incrostate nella loro esistenza al punto da sembrare un copione interamente prevedibile e replicabile all’infinito: casa e lavoro, lavoro e casa. Poche uscite e poche conoscenze, mai nulla che andasse oltre un caffè e qualche breve scambio di battute. Mai nulla di eclatante o degno di nota, a parte quei dissidi con i vicini Marzouk-Castagna che, secondo l’accusa, avrebbero costituito un movente per la strage.
Olindo Romano e Rosa Bazzi insistono: “Non siamo stati noi”. Ipotesi revisione processo strage di Erba
Olindo Romano e Rosa Bazzi continuano a dirsi innocenti e sperano nella revisione del processo. Due istanze in questo senso, a marzo e agosto 2023, sono state depositate rispettivamente dal sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser e dal loro tutore, l’avvocato Diego Soddu, convinti che i coniugi siano vittime di un errore giudiziario. Richiesta di revisione che sarà presentata anche dalla difesa della coppia, certa di poterne dimostrare l’innocenza con “nuove prove scientifiche”. A decidere sull’ammissibilità di una revisione e quindi sulla eventuale riapertura del caso sarà la Corte d’appello di Brescia, l’unica competente sulla questione che, trascorsi ormai 17 anni, non smette di dividere esperti e opinione pubblica.
Dal carcere in cui sono detenuti da 16 anni, Olindo e Rosa non avrebbero mai perso la speranza di rivedere il sole da persone libere. In una serie di interviste rilasciate a diverse testate, la prima in esclusiva ad Antonino Monteleone per Le Iene, hanno ribadito di aver confessato i delitti perché “costretti” durante gli interrogatori. E avrebbero in mente anche il possibile scenario in cui, a loro dire, sarebbe maturata la strage di Erba: “Dovevano approfondire la pista dello spaccio di droga, continuo a pensare che sia stato più semplice incastrare due persone come noi, non sveglissime – ha dichiarato Olindo Romano all’Adnkronos –. Sono passati sedici anni dalla strage di Erba, è arrivato il momento di fare un po’ di chiarezza. (…) Mi capita di ripensare a quei giorni e a come ci hanno abbindolato e preso in giro (…). Non c’entriamo nulla con ls strage di Erba (…). Una strage simile può farla solo chi è abituato a fare quelle cose, non penso sia facile improvvisare un fatto del genere così efferato. Frigerio è stato usato come noi (…) credo che abbiano manipolato i suoi ricordi per farlo testimoniare contro di noi. Lo considero una vittima come noi“.