Nuova stretta sulla cannabis light. A partire dal 20 settembre è entrato in vigore il decreto del Ministero della Salute che prevede restrizioni riguardo alla vendita dell’olio di CBD: sarà infatti classificato come “stupefacente” e non potrà più essere acquistato nei negozi comuni o negli e-shop su internet, come avveniva in precedenza. Per procurarselo sarà necessario recarsi in farmacia e si potrà acquistare solamente se si è in possesso di una prescrizione medica. L’olio di cannabidiolo è estratto dai principali composti naturali presenti nella pianta di canapa e viene utilizzato per trattare problemi come insonnia, ansia, stress, dolori mestruali, emicrania e dolore cronico, come ricorda GreenMe.
Un decreto simile a quello entrato in vigore il 20 settembre era stato emesso già dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza, ma fu ritirato dopo le proteste delle associazioni. Non mancano neppure adesso le polemiche: tante le critiche da parte dei leader anti-proibizionisti, come Riccardo Magi, che parla di eccessiva restrizione. Secondo l’attivista, il CBD non è una sostanza stupefacente: ha perciò criticato fortemente il governo Meloni.
Vietato l’olio di CBD: ora serve la prescrizione medica
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Corte di Giustizia europea, il CBD non ha proprietà stupefacenti. Nonostante questo, il governo italiano ha deciso di considerarlo alla stregua dei cannabinoidi, inserendolo in una specifica categoria di farmaci. Per il decreto, il CBD è efficace nel trattamento di alcune patologie, come l’epilessia. Per questo motivo dovrebbe essere venduto come un farmaco e dunque solamente dietro prescrizione medica.
Tra le tante critiche arrivate in seguito all’entrata in vigore del decreto del Ministero della Salute, anche quelle dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, secondo cui non si può considerare stupefacente una molecola al centro di raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Vietare il CBD, efficace nel trattamento di diverse condizioni, potrà “aggiungere ostacoli burocratici allo stigma che purtroppo ancora accompagna l’uso medico della cannabis”. Tutto ciò avrà inoltre un impatto sull’industria dell’olio di CBD in Italia, settore che in passato è stato sostenuto anche dal Governo. Questo potrebbe portare inoltre alla proibizione dell’intera categoria di cannabis leggera.