Fioccano gli aggettivi altisonanti per ricordare Oliviero Toscani, scomparso per una improvvisa e penosa malattia, che lo ha ridotto a ad ombra di sé stesso ma non gli ha tolto la vis polemica, quella che gli fece dire poco tempo fa a La7 che lui “aveva sempre un altro dio, che non era quello in cui molti credono”.
Io ho conosciuto molto bene Oliviero Toscani, per motivi prima “equestri” e poi professionali. Moltissimi anni fa fui invitato da un amico comune nella sua tenuta a vedere una gara intorno ai barili, sport tipicamente americano, sui cavalli Appaloosa, i pezzati che lui aveva deciso di allevare in Toscana. Fu una giornata splendida, finita con bistecche, salsicce arrostite sul fuoco e canzoni country.
Ci siamo poi incontrati/scontrati sul fronte della creatività e della comunicazione, perché lui non aveva digerito che io ritenessi strumentali provocazioni le sue foto dei boat people che cadevano dalla nave, il bacio del prete con la suora, lo scatto del moribondo malato di Aids, l’anoressica sparata su un manifesto. Oliviero Toscani cominciò ad attaccarmi ad ogni occasione, dato che per cinque anni sono stato presidente dell’Associazione Italiana Agenzie di Pubblicità e quindi ne approfittava per denigrare l’intera categoria. Secondo lui non poteva esistere la figura del direttore creativo, perché o uno era un manager o era un creativo, capace di pensare e agire senza vincoli.
In questo giudizio c’era tutto il limite di Oliviero Toscani, che lui superava provocando ad ogni occasione.
Posso spingermi ad affermare che “l’altro dio” che cercava, in realtà, era lui stesso, tanto era incontenibile il suo desiderio di “épater les bourgeois” ad ogni occasione possibile.
Restando sul tecnico, posso affermare che il grandissimo capolavoro di Oliviero Toscani furono le foto che lanciarono il marchio “United Colors of Benetton”. Riprendendo i ragazzi di ogni etnia vestiti con indumenti coloratissimi su fondo bianco, scrisse senza mezzi termini un capitolo fondamentale nella storia della fotografia pubblicitaria. Che guarda caso, è sempre un’arte che intende rispondere ad una “direzione” di pensiero che vuole far sognare, desiderare, comprare un capo di abbigliamento non tanto per le sue qualità intrinseche (peraltro mai dichiarate), ma in quanto simbolo di una tribù di cui fare parte. Percorso poi seguito da molti altri famosi brand della moda sportiva e non.
Grazie a questo successo i Benetton gli diedero mano libera, sposando periodicamente la sua vis polemica. Pubblicavano una campagna con una foto che suscitava grande scandalo, il Giurì della lealtà pubblicitaria la sanzionava, ma quando i i giornali che aderiscono da sempre al Codice di autodisciplina erano costretti un mese dopo a sospendere la pubblicazione degli annunci, la polemica aveva già generato centinaia di pagine di commenti, permettendo ai Benetton di raggiungere con un investimento assai ridotto un pubblico enorme.
Sposando anche in pieno l’ideologia del Partito radicale, Oliviero Toscani divenne ben presto l’idolo di radical chic, dissacratori da salotto, mangiapreti a oltranza, capaci di andare in brodo di giuggiole di fronte alle sue mostre con decine di vagine, peni, sederi, cacche. Una fissazione davvero monocorde e per nulla originale, a ben vedere.
Sicuramente era un grande fotografo, ma la gente comune non sa quanti ce ne sono stati di più grandi nel campo della pubblicità. Ma era un fotografo che aveva avuto una sola geniale invenzione tecnica e ha cercato di ripeterla tutta la vita: il problema era che senza l’accompagnamento delle provocazioni non faceva più storia. Quando ha tentato di cimentarsi con vere e proprie campagne pubblicitarie (quelle che richiedono una sicura direzione creativa) ha prodotto risultati modesti e addirittura imbarazzanti.
Va ricordato anche che la sua smania di scandalizzare giunse a creare un enorme problema ai Benetton, e fu quando si mise in testa di promuovere in America le magliette proponendo i ritratti dei condannati a morte. Le proteste dei loro famigliari subissarono i negozi Benetton in franchising, i quali subissarono di proteste l’azienda, costringendola ad una precipitosa marcia indietro. E ancora una volta fu evidente che non si poteva definire un messaggio “sociale”, come lui sosteneva, una foto di un caso o un evento drammatico per vendere dell’abbigliamento.
Non stupisce che Oliviero Toscani sia stato scelto da Sky per dei programmi di intrattenimento sulla fotografia: cosa c’è di meglio di un polemista idolatrato per ottenere gradimento?
Contradditorio e provocatorio fino all’ultimo, si era detto d’accordo con suo figlio sull’idea di spargere le sue ceneri sul letame dei cavalli come segno che tutto era finito e di lui non sarebbe rimasto più nulla. Che contrasto con quel perenne desiderio di essere sempre in prima pagina!
Invece rimarrà il capolavoro delle sue prime foto per United Colors of Benetton. Ma, ahimè, rimarranno anche schiere di pubblicitari che alla sua scuola hanno creduto di imparare che la creatività consiste nella libertà dai limiti.
Basta pensare ai grandi capolavori della pittura nei secoli per capire che non è così: c’era una committenza (quindi una “direzione creativa”) e c’erano dei limiti di spazio, di materia, di tempo: ma la creatività volava altissimo, insieme al messaggio che il dipinto voleva comunicare.
Ciao Oliviero. Preferisco ricordarti quando intorno al fuoco condividevamo la comune passione per gli Appaloosa.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.