La storia di Ferragosto di quest’anno (i “politici” che intascano il bonus previsto, almeno nelle intenzioni del legislatore, per i titolari delle partite Iva) è rimasta vittima di una “narrazione” ormai consueta della vita pubblica italiana. Gli aspetti scandalistici (oportet ut scandala eveniant) prevalgono sulla corretta interpretazione di una norma di legge, perché fanno più notizia, parlano alla pancia della gente, tengono accesso il “comune sentire” dell’antipolitica, anche sotto l’ombrellone.
Fin dalle prime battute i media si sono affrettati a riconoscere (salvo poi approfondire meglio) che era legittimo che i parlamentari (e i consiglieri e amministratori regionali) avessero ricevuto quei 600 euro “pochi, maledetti e subito”. Ma non avrebbero dovuto azzardarsi a presentare la domanda in ragione delle robuste indennità che ricevano nell’esercizio delle loro funzioni. Al contrario, i sindaci e i consiglieri comunali – soprattutto delle piccole città e dei paesi – il bonus se lo meritavano perché ricevono, per l’attività politica svolta, solo un gettone di presenza (ovviamente nessuno ha preso in considerazione che, nella generalità dei casi, quello del parlamentare e del consigliere regionale è un lavoro a tempo pieno, quello del consigliere comunale no; pertanto c’è da presumere che costui non debba sbarcare il lunario grazie a quei gettoni).
Solo in seconda battuta, i media hanno affrontato quello che al sottoscritto è sembrato fin dall’inizio il problema centrale: d’accordo, la linea di condotta di quei “rappresentanti del popolo” è riprovevole, ma l’indennità prevista dal Decreto cura Italia a chi spettava? Anche a loro? In uno Stato di diritto non è una bella operazione contrapporre (ormai è diventata la regola) la legalità all’etica. Va detto innanzitutto che per le due prime emissioni (sì, perché l’indennità, una tantum, è stata erogata due volte, una per marzo, l’altra per aprile e quindi si è trattato di 1.200 euro) non era prevista alcuna prova dei mezzi, ma soltanto delle tipologie di soggetti in grado di far valere i requisiti professionali e previdenziali indicati dagli articoli da 27 a 30 e 38 del Decreto cura Italia.
Addentriamoci dunque nelle norme di legge, avvalendoci del pregevole Dossier predisposto dai Servizi Studi delle Camere.
“Gli articoli da 27 a 31 e l’articolo 38 riconoscono in favore di alcune categorie di lavoratori un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro (ad aprile il beneficio è stato ripetuto automaticamente a coloro che la avevano già percepito il mese prima, ndr). Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita Iva) iscritti alla cosiddetta Gestione separata Inps ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione (articolo 27); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Inps (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (articolo 28); i lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29); gli operai agricoli a tempo determinato (articolo 30); i lavoratori dello spettacolo (articolo 38)”.
Passiamo ora ai requisiti, premettendo che per ciascuna casistica è previsto un limite di spesa da monitorare periodicamente e anche in chiave prospettica (valutando cioè il trend). Più in particolare, con riguardo alle singole categorie di beneficiari dell’indennità in oggetto ed al relativo limite di spesa:
– l’articolo 27 riconosce, nel limite di spesa di 203,4 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di liberi professionisti (titolari di partita Iva) iscritti alla suddetta Gestione separata Inps e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione), qualora i soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. L’indennità non concerne i liberi professionisti iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie;
– l’articolo 28 riconosce, nel limite di spesa di 2.160 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’Inps (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali e ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali), qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie;
– l’articolo 29 riconosce, nel limite di spesa di 103,8 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore della presente disposizione (17 marzo 2020) e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla suddetta data di entrata in vigore. In questo passaggio il Servizio Studi suggerisce di valutare l’opportunità di chiarire la nozione di attività stagionali ai fini in oggetto e se l’ambito dei beneficiari comprenda anche i casi in cui, nel periodo temporale indicato, il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto;è noto infatti che è dovuto intervenire il ministero del Lavoro per fornire questo chiarimento all’Inps.
– l’articolo 30 riconosce, nel limite di spesa di 396 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore degli operai agricoli a tempo determinato che non siano titolari di pensione e che nel 2019 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo;
– l’articolo 38 riconosce, nel limite di spesa di 48,6 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, che abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro, e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020.
È il caso di sottolineare i diversi trattamenti riservati dagli articoli 29, 30 e 38 ai soggetti aventi diritto, in particolare per quanto concerne i requisiti sia di svolgimento di un’attività lavorativa o di reddito: mentre nelle fattispecie di cui agli articoli 27 e 28 ovvero liberi professionisti titolari di partita Iva iscritti alla Gestione separata (i professionisti privi di una Cassa professionale) e i titolari di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione e i lavoratori autonomi iscritti alle Gestioni speciali il requisito di accesso alla prestazione è il seguente: non essere titolari di pensione e non essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. È qui che casca l’asino di Pasquale Tridico, perché i parlamentari sono iscritti a una forma di previdenza obbligatoria e, generalmente, anche i consiglieri regionali. Anzi l’evoluzione normativa del vitalizio (pro rata dal 2012) ha assunto un più marcato profilo previdenziale tanto da condurre al ricalcolo col metodo contributivo (in modo raffazzonato ed illegittimo, ma non è questo il problema della fattispecie in esame) anche i vitalizi degli ex deputati e senatori.
A tale obiezione di merito e di legittimità, nella sgangherata audizione alla commissione Lavoro della Camera, il Presidente dell’Inps ha dichiarato che è in corso un accertamento perché la mutazione giuridica della prestazione – da vitalizio a pensione – non è pacifica. Certo la definizione è un po’ involuta: quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata. Sarebbe stato meglio chiarirsi le idee prima di erogare per ben due volte l’indennità, anche perché è velleitario (lo diciamo pure alla Presidente Deborah Serracchiani) ritenere possibile il recupero di due erogazioni una tantum una volta che sono state conferite.
Tridico ha ragione su un solo punto: tutti lo invitavano a pagare senza fare troppe storie. Tuttavia, se si erogano prestazioni non dovute, quanto meno si risponde di danno erariale davanti alla Corte dei Conti. Per la natura della prestazione erogata il controllo poteva essere solo preventivo (attraverso un incrocio di dati). Quando i servizi dell’Inps hanno scoperto che “c’era del marcio in Danimarca” Tridico si è attivato per acquisire i tabulati dei parlamentari. Ma ormai era fatta. Meglio far finta di nulla, allora. Fino a quando la solita “manina” non ha ritenuto di festeggiare il Ferragosto consegnando ai media l’opportunità di un titolo in prima pagina.
Si noti – su questo insistiamo – che si è preferito dare in pasto all’opinione pubblica alcune persone poco accorte, piuttosto che approfondire la materia a futura memoria. La “politica” ha ritenuto più vantaggioso fornire una prova di severità a scapito di alcuni “furbetti” anziché raccontare la verità.