Il prezzo del gas in Europa continua ad aggiornare i massimi e questa settimana ha battuto ogni record. La notizia è scomparsa dai radar complice la stagione estiva e i mercati sembrano non essere particolarmente preoccupati con gli indici che continuano a salire. Sotto la superficie invece ci sono notizie che costringono a rimanere attenti.
La prima notizia è che il Parlamento tedesco si starebbe preparando a votare una mozione per posticipare la chiusura delle tre centrali nucleari ancora funzionanti. È una decisione che segna un’inversione dalle politiche iniziate all’inizio degli anni 2000 per spegnere progressivamente il nucleare. La Germania è alle prese, come altri Stati europei, con un rincaro dei prezzi del gas insostenibile e soprattutto con il rischio di blackout. Il posticipo della chiusura del nucleare è solo l’ultimo pezzo di una serie di iniziative che hanno incluso la riapertura delle centrali a carbone. Tutto questo accade nonostante negli ultimi due decenni siano stati spesi centinaia di miliardi di euro per la “transizione energetica”. L’andamento del prezzo del gas in Europa è coerente con le ultime decisioni del Governo tedesco e suggerisce che non ci sia una soluzione nel breve-medio termine.
La seconda notizia è la decisione del Governo tedesco di imporre una tassa sul consumo di gas delle famiglie che causerà un incremento dei costi di circa 500 euro all’anno. La nuova tassa prenderà il via all’inizio di ottobre e continuerà fino all’aprile del 2024. La tassa servirà a finanziare il salvataggio di alcune utility che oggi si trovano schiacciate tra i prezzi del gas promessi ai clienti e costi delle forniture esplosi dopo le sanzioni contro la Russia. In questo modo il Governo tedesco sembra voler tutelare le imprese spalmando i costi sulle famiglie. È una decisione che, per quanto dolorosa, ha una logica e serve a impedire che l’industria tedesca collassi sotto il peso di bollette energetiche che la mettono fuori competizione. Molte famiglie tedesche probabilmente, esattamente come quelle italiane, sono all’oscuro della mazzata che arriverà da ottobre. Il problema politico e sociale derivante dai rincari è ancora in una fase embrionale rispetto a quanto si è visto sui mercati. In questo scenario è possibile che siano gli sviluppi politici e sociali a dare il via ai problemi sui mercati e non il contrario com’è accaduto nelle crisi precedenti.
La terza notizia è che il Cancelliere tedesco ieri ha dichiarato “di essere sicuro che i membri dell’Unione europea saranno solidali in caso di interruzione delle forniture energetiche”. La solidarietà europea in questa fase arriva al cuore degli interessi nazionali molto più di qualsiasi crisi finanziaria o sanitaria. Non si tratta di regalare il superfluo o subire un po’ più di inflazione di quella che si sarebbe subita a causa di politiche monetarie espansive. Nei fatti si tratta di colpire i propri cittadini e le proprie imprese direttamente e senza mediazioni e magari di imporre distacchi che non sarebbero stati necessari in uno specifico Paese membro. Le conseguenze politiche sono imponderabili. Volendo mettere la questione su un piano finanziario è chiaro che non c’è debito per quanto piccolo che possa resistere a uno scenario di povertà energetica. Viceversa è infinitamente meglio avere un debito grande ma far funzionare le imprese e avere una società stabile che l’opposto. La solidarietà europea, in altri termini, verrebbe testata come mai è accaduto. Il “bonus” è che ci sono Paesi membri energeticamente solidi che avrebbero una lista di lamentele rispetto alla solidarietà incassata o, meglio, non incassata nelle crisi precedenti.
Ciò che manca è un bagno di umiltà e realismo rispetto a una leadership politica europea che vagheggia di transizioni energetiche dal costo esoso mentre i cittadini non possono permettersi il riscaldamento. La decisione tedesca di riaprire le centrali nucleari in questo senso è positiva. L’ideologia arrivata a sbattere contro il muro della realtà lascia il passo al buon senso. O almeno si spera che si tratti di questo.
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