Un gruppo di amici cari e capaci ha lanciato una chat dal titolo Testa al Sud, intendendo che occorre radunare un po’ di teste per restituire al Mezzogiorno un pensiero proprio che non sia quello di opporsi a tutto quello che viene proposto dal Nord, autonomia differenziata compresa. Il numero iniziale degli invitati a partecipare sarà di trentaquattro perché tanto fa la Testa nella Smorfia. Se l’avvio sarà promettente, il sito di conversazione si trasformerà in associazione. L’appuntamento per la verifica è a settembre.
Il proposito è certamente condivisibile. E si sposa con la nuova effervescenza delle regioni meridionali, alcune delle quali travolte da un turismo mai conosciuto prima. La qualità dei servizi resta indietro, ma non c’è dubbio che il migliorare della domanda avrà affetti positivi, meglio prima che poi, anche sull’offerta. Anche il mondo della produzione si caratterizza per un ritrovato dinamismo e i dati della ricchezza e dell’occupazione lo confermano indicando un andamento migliore della media del Paese.
Naturalmente le zone d’ombra restano tutte. Si registrano ancora molti comportamenti incivili, la criminalità non molla la presa, le divisioni annullano molti sforzi positivi. Napoli, per esempio, sembra baciata dalla fortuna a sua insaputa. Le conquiste del Sindaco ingegnere Gaetano Manfredi sono molte e tutte fondamentali per il rilancio della città. Per dispiegare i propri effetti benefici hanno però bisogno di tempo, perché nella maggior parte dei casi riguardano il recupero delle condizioni minime per governare.
Ben venga, dunque, più Testa al Sud per orientare scelte che oggi appaiono possibili anche per la straordinaria dotazione finanziaria di cui si può disporre grazie alle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Fondo di coesione che si sommano e si integrano aumentando la forza d’impatto. Una serie di circostanze favorevoli – pur all’interno di un quadro geopolitico sconfortante – congiurano per restituire al Mezzogiorno una nuova centralità nel Mediterraneo e nei confronti dell’Africa.
È giunta l’ora della responsabilità. E non sempre è una buona notizia se non si è abituati a farsi artefici del proprio destino. Meglio essere garantiti che provare l’ebbrezza della libertà che impegna le azioni di ciascuno verso obiettivi individuati e misurabili. Un ceto dirigente non si costruisce dalla sera alla mattina e anni di demagogica caccia alle streghe hanno messo fuori gioco persone e attività di cui oggi avremmo un gran bisogno per risorgere. E i troppi giovani che abbandonano il campo sono un dito nella piaga.
Per dire, Napoli e il Mezzogiorno hanno perso negli anni importanti centri decisionali rimpiazzati dal nulla cosmico. Dove sono il Banco di Napoli, l’Isveimer, la Fime con le controllate leasing e factoring, la Banca della Provincia di Napoli, le Popolari di Napoli e dell’Irpinia, la Sannitica, la Banca Capasso e la Massicana, il Credito commerciale tirreno, la Banca Mediterranea, la Compagnia Tirrena di assicurazioni e la Siad? Che cosa resta dell’impero agroalimentare della Sme, delle acciaierie di Bagnoli e di Taranto, dell’Ati e dell’Alfasud?
Certo, è facile dire che se queste realtà sono scomparse – in qualche caso acquistate aziende del Nord, in altri semplicemente scomparse – è stato anche per la cattiva gestione, il clientelismo, la miopia politica. Ma non è stato per tutte così. Il Mezzogiorno è stato ammazzato assieme all’Intervento straordinario per la codardia dei Governi dell’epoca e la timidezza del cosiddetto gruppo di potere locale che letteralmente sbracò di fronte all’assalto di quello che restava della diligenza. Una storia triste che andrebbe studiata.
Dove possono allenarsi i futuri dirigenti se nel Mezzogiorno non ci sono più i luoghi delle decisioni strategiche? Nelle università, sicuramente, che non hanno nulla da invidiare alle consorelle del resto del Paese. E poi? Ha ragione da vendere chi va a fare un’esperienza di lavoro all’estero. Ma quando avrà imparato il mestiere avrà modo di esercitarlo nella regione di origine se meridionale? La testa si allena nella palestra degli atenei e nelle sedi dove si esercita il potere (che non è una brutta cosa).
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