STUDIO ISS-KESSLER SU COVID IN ITALIA: I RISULTATI

I contagi da coronavirus rilevati finora sono solo una percentuale dei casi Covid effettivi. Lo ripetono gli esperti da giorni analizzando i numeri della nuova ondata, ma lo sappiamo sin dall’inizio della pandemia. Quel che non sapevamo è a quanto ammonta la sottonotificazione dei casi, la portata quindi dell’epidemia reale. Ora ce lo dice lo studio (“The decline of Covid-19 severity and lethality over two years of pandemic”) condotto dall’epidemiologo Stefano Merler con altri ricercatori della Fondazione Bruno Kessler, dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e della Bocconi, tra cui il presidente Iss Silvio Brusaferro e il direttore della Prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza. I risultati di questo lavoro, pubblicato su MedRxiv, mostrano che tra lo scorso Natale e il 20 febbraio di quest’anno, quando imperversava la variante Omicron, in Italia il Covid ha colpito almeno 20 milioni di persone, se non oltre 30, contro i 6,9 milioni di casi registrati ufficialmente in quel periodo. Inoltre, è emerso che dal febbraio 2020 ad oggi, grazie ai vaccini, la letalità Covid è diminuita tra 20 e 40 volte, quindi dal 2,2% allo 0,05% dei contagi reali.



I ricercatori hanno diviso la pandemia italiana in 5 fasi, dal paziente 1 di Codogno alla variante Omicron, calcolando il tasso di attacco, cioè la quota di popolazione infettata, stimata al 51,1% nei primi due mesi di quest’anno, con un cospicuo intervallo di confidenza tra 32,8 e 69,6%. Venti milioni di casi, un terzo della popolazione, è solo il limite inferiore. Peraltro, il tasso d’attacco non è mai stato così alto, infatti nelle precedenti quattro frasi è stimato tra il 10 e il 17%. Quindi, nei primi due mesi dell’anno oltre tre casi su quattro (e almeno due su tre) non sono stati rilevati, perché si fanno meno tamponi e molti si limitano ai test fai-da-te. A fronte di oltre 13 milioni di casi rilevati, più della metà degli italiani hanno avuto il Covid quest’anno.



TASSO MORTALITÀ 7 VOLTE PIÙ ALTO PER NON VACCINATI

Ci sono poi i dati del monitoraggio. Il tasso di mortalità per il Covid è 7 volte più alto per i non vaccinati. Arriva a 8,5 se si tiene conto solo della popolazione over 80. Lo rileva il rapporto settimanale dell’Istituto superiore di sanità (Iss) ed è l’ennesima occasione per il presidente Silvio Brusaferro per ribadire l’importanza della vaccinazione soprattutto delle persone fragili, quindi «di fare i richiami in modo da mantenere elevata la copertura vaccinale». L’invito è a non sottovalutare il Covid, anche perché «cosa succederà in autunno è molto difficile da prevedere». Interessanti anche i dati sulla reiezione.



Dal 24 agosto dell’anno scorso al 6 luglio di quest’anno sono stati segnalati 659.578 casi di reinfezione, quindi il 4,6% del totale dei casi notificati. Sul totale di quelli segnalati risulta del 10,8%, quindi ulteriormente in crescita. Se si analizza il rischio di infezione dal 6 dicembre, che è considerata la data di inizio della diffusione della variante Omicron, allora si constata che il rischio di ammalarsi aumenta in chi ha avuto il Covid da oltre quattro mesi nei non vaccinati, nei vaccinati da oltre tre mesi, nelle donne, nei giovani e nel personale sanitario.