Proteggersi a vicenda per evitare di essere travolti dallo scandalo in caso di indagini sul caso di Hasib Omerovic, il disabile caduto dal balcone della sua casa di Primavalle, a Roma, il 25 luglio scorso. Sarebbe questa, secondo le chat tra alcuni agenti di polizia citate dall’Ansa, la sintesi del tessuto di un presunto tentativo di depistaggio che alcuni poliziotti avrebbero messo in atto per allontanare ogni eventuale sospetto. Secondo la denuncia della famiglia, Hasib Omerovic sarebbe precipitato durante una perquisizione della polizia a seguito di percosse subite alla presenza della sorella dell’uomo, unica testimone oculare. Poche ore fa un poliziotto, Andrea Pellegrini, sarebbe stato arrestato con l’accusa di tortura e sottoposto ai domiciliari mentre altri quattro colleghi sarebbero stati raggiunti da avviso di garanzia, indagati, a vario titolo, di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici (contestazione che sarebbe rivolta anche a Pellegrini) e depistaggio in relazione all’annotazione di servizio sui fatti di quel giorno.



Nell’ordinanza emessa dal gip di Roma, riporta ancora l’agenzia di stampa, sarebbero indicati alcuni contenuti WhatsApp di interesse investigativo e una telefonata tra poliziotti in cui sarebbe emersa la raccomandazione di “svolgere in modo accurato le indagini poiché le cose non stanno come hanno scritto gli operanti“. Nella conversazione, si sarebbe inoltre evidenziata l’insussistenza di “valide ragioni che potessero giustificare, nel caso di specie, un accesso all’interno di una privata abitazione nei termini descritti“. La prova di una “copertura” volta a depistare, secondo l’accusa, sarebbe documentata nelle chat tra un ispettore della Squadra mobile, riferisce Ansa, e un collega del commissariato di Primavalle, rilevate agli atti dell’inchiesta sul caso Hasib Omerovic. In esse sarebbe emersa una pressione per redigere una relazione di servizio per “pararsi il c**o dall’onda di m***a che quando arriva sommerge tutti“.



Caso Omerovic, il commento del capo della Polizia sui fatti di Primavalle

I fatti di Primavalle rappresentano un caso particolarmente delicato. Con ogni cautela del caso, e in attesa dell’accertamento della verità e di eventuali responsabilità, il capo della Polizia, Lamberto Giannini, ha commentato la vicenda poche ore fa, come riporta l’Ansa, sottolineandone la grave entità e inviando alla famiglia di Hasib Omerovic, ancora ricoverato all’esito delle ferite riportate il 25 luglio scorso, un messaggio di vicinanza. “Ogni ricostruzione investigativa – ha dichiarato Giannini – deve essere sottoposta al vaglio di un giudice e aspettiamo con serenità le decisioni (…). Parliamo – ha aggiunto il capo della Polizia – di un episodio, poi ci sono tutti gli episodi di ben diverso tenore che riguardano le forze dell’ordine e sono tutti i giorni sotto gli occhi dei cittadini. Bisogna affrontare i problemi con serenità e trasparenza e c’è sempre la presunzione di non colpevolezza. Spero che la cittadinanza dia per scontata la nostra trasparenza: faremo di tutto perché questo atteggiamento sia percepito sempre“.



L’arresto dell’agente Andrea Pellegrini, secondo quanto riportato dalle agenzie, si baserebbe anche sulla testimonianza di un poliziotto, collega che avrebbe deciso di collaborare alle indagini della Squadra mobile sul caso di Hasib Omerovic dopo aver fornito una iniziale versione non corrispondente al vero (l’agente non avrebbe riferito subito quanto accaduto nell’appartamento del disabile 36enne poiché si trattava di un episodio relativo a un suo “superiore”). Ansa riporta un passaggio delle sue dichiarazioni agli inquirenti, in cui avrebbe ammesso di provare “un senso di vergogna” per non essere intervenuto a fermare quanto stava accadendo nella casa di Hasib Omerovic quel 25 luglio. Sarebbe stata “la pressione delle notizie di stampa sulla vicenda” ormai “insostenibile” a spingerlo finalmente a rivelare i reali accadimenti ad altri superiori. Tra gli elementi al vaglio anche foto dell’interno dell’abitazione degli Omerovic in cui si vedrebbero esiti di una azione violenta.