La Cassazione ha annullato con rinvio l’ordinanza del gip di Milano che il 27 novembre 2019 si era espresso sulla pena complessiva a carico di Adam Kabobo. L’uomo era diventato tristemente celebre per i cosiddetti omicidi a picconate avvenuti a Milano all’alba dell’11 maggio 2013, quando il 38enne ghanese uccise tre persone – Alessandro Carolè, Ermanno Masini e Daniele Carella – e tentò di ammazzarne altre due a sprangate. Adesso, come riferisce Il Giorno nell’edizione online, la Suprema Corte chiede che venga ricalcolata la pena definitiva ma al ribasso. Il ghanese per i tre omicidi fu condannato a 28 anni di reclusione con il riconoscimento del vizio di mente parziale. Il giudice per le indagini preliminari di Milano aveva intravisto la continuazione tra i due reati – i tre omicidi e altrettante rapine aggravate e i tentati omicidi- calcolando così il totale della pena a 42 anni, salvo poi ridurli a 28 grazie a quanto previsto dalla legge per chi sceglie di essere giudicato con rito alternativo, l’abbreviato appunto, che permette all’imputato di poter godere di uno sconto di un terzo della pena. Il calcolo venne prontamente contestato dai legali di Kabobo che ne proposero il ricorso in Cassazione.



OMICIDI A PICCONATE, CASSAZIONE: PENA KABOBO SARÀ RIDOTTA

La difesa di Kabobo, accusato degli omicidi a picconate avvenuti a Milano, in zona Niguarda, tra le motivazioni avanzate e accolte dai magistrati hanno ribadito il fatto che “L’ordinanza impugnata si è limitata a indicare gli aumenti di pena, rilevando la conformità della scelta compiuta rispetto al parere del pubblico ministero, annotazione che, senza alcuna indicazione delle argomentazioni condivise, non rende ragione della decisione assunta”. Il calcolo della pena, spiega Il Giorno, ora è tutto da rifare e a quanto pare potrebbe essere favorevole all’imputato. L’uomo originario del Ghana è attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera con il duro regime detentivo 41 bis, che, come rammenta Milano Today, tra le altre restrizioni prevede l’isolamento in cella fino a 22 ore al giorno. Kabobo riceverebbe cure psichiatriche e negli anno scorsi era emersa la notizia che avesse anche iniziato a lavorare ed a seguire lezioni di italiano e un programma di studio scolastico per le elementari. Dopo la decisione della Cassazione, il suo legale, l’avvocato Benedetto Ciccarone ha spiegato: “Mi ritengo soddisfatto a metà. Tenevamo anche all’accoglimento del terzo motivo, vista la giurisprudenza ormai consolidata sull’argomento”. La Cassazione ha infatti respinto la terza motivazione del ricorso sulla mancata applicazione del “criterio moderatore”, che prevede che, in caso di concorso di reati che comportano pene detentive temporanee della stessa specie, la pena non vada oltre i 30 anni.

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