L’unico modo che ha Antonella Zarri per sopravvivere è ripensare ai suoi figli, Alice e Alberto Scagni, quando erano bambini. Ora è senza entrambi. La figlia, 34 anni, è stata accoltellata a morte dal fratello, 42 anni, la sera del primo maggio scorso, nel quartiere di Quinto a Genova. Lei e il marito Graziano avevano chiesto aiuto ripetutamente per le minacce del figlio, anche il giorno in cui poi è maturato l’omicidio. Ma la polizia non ha assecondato la richiesta di tenere sotto osservazione la casa di Alice. Per questo, oltre all’inchiesta per omicidio, il sostituto procuratore Paola Crispo ha aperto un fascicolo per fare luce su quegli allarmi caduti nel vuoto, anche al centro di salute mentale a cui i genitori di Alberto si erano rivolti per trovare assistenza psichiatrica per il figlio.



Ora Alberto Scagni si trova nel carcere di Marassi. Questa settimana gli tocca il secondo incontro per la perizia medico legale che dovrà decreterà se era capace di intendere e volere al momento dell’omicidio della sorella Alice. Alla seduta prenderà parte anche il consulente dei genitori, lo psichiatra Paolo Verri, incaricato dal nuovo legale della coppia, l’avvocato Fabio Anselmi, che ha assistito anche i familiari di Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva e Riccardo Magherini. Proprio il legale ha chiesto e ottenuto che il telefono dei genitori, sequestrato nei giorni scorsi, sia esaminato in sede di incidente probatorio, così ogni parte potrà nominare un consulente.



OMICIDIO ALICE SCAGNI, LE ACCUSE DELLA MADRE

Ma il sequestro del cellulare usato dalla madre per chiamare la polizia dopo le minacce del fratello fa insorgere la donna. «La sera guardavo le foto di mia figlia sul cellulare. Ora però mi viene sequestrato, dopo che avevo già fornito a chi indaga, come mi era stato chiesto, le chat e i contatti con mio figlio. Non si fidano? Quasi veniamo trattati come se avessimo una colpa», dichiara Antonella Zarri al Secolo XIX. Le operazioni cominceranno il 19 luglio, verrà esaminato anche il telefono di Alberto Scagni. «Nulla sappiamo più dell’indagine sulle nostre chiamate alla polizia e ai sanitari. Neanche mi avevano chiesto di fornire quanto contenuto nel mio telefonino rispetto a queste, quando avevano voluto le chat con Alberto. Ero stata sentita per un’ora e mezza e avevano ridotto tutto a 9 pagine. Mi sono rifiutata di firmarle», aggiunge la mamma di Alice Scagni. Col tempo sostiene di aver elaborato dettagli e ricordi che potrebbero tornare utili agli inquirenti. «Ma sembra che non vogliano sentirci. Spero in un loro ripensamento, perché noi siamo quelli che hanno perso due figli. E chi poteva evitare tutto questo non l’ha fatto». I genitori al Secolo XIX spiegano di non aver avuto ancora contatti col figlio. «Il secondo incontro con gli psichiatri ci farà capire se c’è un avvicinamento, non sappiamo cosa sia giusto fare». La situazione è a dir poco complicata. «Credo che anche Alberto debba maturare una decisione».



LA REPLICA DELLA PROCURA

Non è tardata ad arrivare la replica del procuratore capo facente funzioni Francesco Pinto ad Antonella Zarri, che non ha voluto fornire il codice di sblocco del suo dispositivo agli inquirenti titolari delle indagini sull’omicidio della figlia Alice Scagni per mano del fratello Alberto. «Il telefono sequestrato? Una misura disposta dalla Procura anche nell’interesse della proprietaria del cellulare, stiamo facendo accertamenti sulla base delle sue affermazioni», dichiara a Repubblica. «Mi riservo di comunicare Pin in sede di copia forense in quanto questo cellulare contiene prove delle gravi inadempienze da me segnalate dell’aiuto richiesto ed inascoltato», aveva dichiarato Antonella Zarri.