A Chi L’ha Visto il caso di Antonella Di Veroli, una donna che venne uccisa e ritrovata nell’armadio, un mistero che dura da 30 anni, visto che l’omicidio fu commesso il 10 aprile 1994. Il caso dovrebbe riaprirsi secondo la famiglia visto che ci sono dei reperti che non sarebbero stati analizzati, a cominciare da un bossolo rinvenuto nella stanza dove è stata ritrovata la vittima e che certamente sarebbe stato toccato dall’assassino.
Avrebbe potuto lasciare delle tracce anche sull’armadio, forse le stesse che sono state rinvenute su Antonella Di Veroli. Un altro mistero di questo cold case è quello del taxi che è stato prenotato attraverso il telefono dopo l’omicidio, ma chi è accorso non è mai stato individuato dagli inquirenti. Due elementi che potrebbero risultare essere quindi rilevanti al fine degli indagini e per scoprire cosa sia realmente accaduto alla povera Antonella.
OMICIDIO ANTONELLA DI VEROLI, COLD CASE DOPO 30 ANNI, “NON AVRBBE MAI APERTO AD UNO SCONOSCIUTO”
“Lei non avrebbe mai aperto la porta ad una sconosciuto, non è stato un movente passionale”, dice la nipote, mentre la sorella Carla Di Veroli aggiunge: “E’ stato un qualcosa di lavoro, ha trovato qualche magagna o le hanno fatto filmare qualcosa che non era lecito, lei se ne è accorta e li ha minacciati”. Il fatto di averla chiusa nell’armadio: “Non c’era alcun motivo, solo per ritardare il ritrovamento, non si aspettavano che la famiglia si fosse mossa subito”.
Chi l’ha visto? ha parlato con un testimone che ha raccontato di aver visto un uomo mai visto prima che si avvicinava alla casa di Antonella Di Veroli: “Una persona molto semplice – racconta Sergio Bottaro – vidi questa persona di domenica pomeriggio che era ai citofoni, gli chiesi se cercava qualcuno ma lui mi disse che stava aspettando una persona, in mano aveva una busta di plastica dentro non so cosa avesse”. Un uomo misterioso, nessuno fra quelli indagati, nemmeno il sedicente mago che venne chiamato in tribunale e che Antonella Di Veroli aveva contattato: “Non era lui.
OMICIDIO ANTONELLA DI VEROLI, COLD CASE DOPO 30 ANNI, LE PAROLE DI SERGIO BOTTARA
Sergio Bottara aggiunge: “A distanza di 48 ore sono arrivate delle minacce, chiamarono mio padre e dissero di fare attenzione al figlio. Poi quando uscivo di casa c’era questa giornata con i vetri oscurati e semi chiusi che mi dicevano buona giornata, ce l’avevano con me, poi telefonate minatorie, risatine alle due di notte. Non mi hanno mai fatto il nome di Di Veroli però le minacce sono giunte poco dopo che raccontai di quella presenza”.
Quelle minacce durarono un anno: “Le ho vissute malissimo ed è per questo che non volevo fare nemmeno questa intervista”. Dopo 30 anni la famiglia ha presentato istanza di riapertura delle indagini: “Io vorrei che si faccia giustizia – spiega la nipote – che si faccia il nome e che si faccia anche il nome del complice, perchè credo che mia zia meriti la pace”. In chiusura di servizio Carla Di Veroli ha voluto ringraziare Sergio Bottara: “Lo ringraziamo e speriamo non ricomincino queste minacce”.