Si sono tenuti oggi i funerali di Aldo Gioia, l’uomo ucciso ad Avellino dal fidanzato della figlia. In queste ore però sono emersi nuovi particolari agghiaccianti in merito all’omicidio, a partire dai messaggi che la figlia Elena si è scambiata con Giovanni Limata. «È tutta roba sua. Lui sicuramente è un soggetto che ha commesso atti sconvolgenti, ma la regista è lei, che decide chi muore. Lui si attiene alle sue indicazioni», afferma la criminologa Roberta Bruzzone ai microfoni di “Ore 14”. L’analisi del profilo della 18enne è netta: «Altro che una dolce ragazzina innocente, questa è una psicopatica di portata veramente importante, chiamiamola col suo nome». Roberta Bruzzone, in collegamento col programma di Milo Infante, fa anche un paragone con Erika Nardo: «Fece una sceneggiata con i vicini di casa che era qualcosa di agghiacciante. La testimonianza dei due vicini di casa che se la vedono piombare nel cuore della notte sporca di sangue ancora non riesco a dimenticarla. Essendo due imbecilli, di una immaturità e ferocia pari, messi a confronto dai carabinieri crollarono».



ROBERTA BRUZZONE “COMPLETA ASSENZA DI UMANITÀ”

Il riferimento di Roberta Bruzzone al delitto di Novi Ligure è legato al fatto che la premeditazione di un piano omicida non porta necessariamente ad un’esecuzione perfetta. «I messaggi certificano una ricostruzione dell’orrore e una lucida ferocia, ma abbiamo a che fare con due psicopatici, non con due geni del male. La premeditazione non sempre comporta un’esecuzione perfetta, anzi rispecchia la capacità criminale, che è pari a zero, purtroppo la ferocia è incommensurabile». La criminologa ha messo in evidenza un altro aspetto della vicenda di Avellino: i segnali ignorati dalla famiglia di Elena Gioia. «Questa gente non diventa completamente anafettiva all’improvviso. Una figlia che arriva a questo livello di ferocia e completa assenza di umanità non lo diventa improvvisamente. Non è l’amore ostacolato la causa, aveva già problematiche, purtroppo le famiglie si rifiutano di avere un mostro in casa. Qui abbiamo un soggetto che non è in grado di provare emozioni umane». Per Roberta Bruzzone c’è poi una matrice manipolatoria: «È lei che insiste. Probabilmente si è resa conto che la sorella poteva diventare un problema e quindi capisce che è meglio farli fuori tutti per avere via libera. Questo la dice lunga su chi aveva in mano le redini di questo progetto».

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