L’omicidio del magistrato Bruno Caccia è da collegare ad un attentato della criminalità organizzata: questo quanto si evince dalle motivazioni della sentenza della Cassazione, che ha condannato all’ergastolo Rocco Schirripa. Il delitto risale al 26 giugno del 1983: mentre portava a spasso il cane nei pressi della sua abitazione, Caccia venne affiancato da una macchina con due uomini a bordo e venne raggiunto da 17 colpi di pistola. Una vera e propria esecuzione, i giudici della Corte di Cassazione non hanno dubbi: Bruno Caccia è stato ucciso per il suo impegno contro la criminalità organizzata. «La matrice del delitto è da collegare alla stretta vicinanza di Belfiore e Schirripa, come attestato dalle conversazioni captate»: il primo un noto esponente della mafia catanese, il secondo un affiliato alla ‘ndrangheta.



OMICIDIO BRUNO CACCIA: “DELITTO DI CRIMINALITÀ ORGANIZZATA”

Gli ermellini hanno messo nero su bianco che tra i moventi dell’omicidio di Bruno Caccia c’è «l’azione di antagonismo giudiziario» che il magistrato stava conducendo nei confronti dell’espansione della ‘ndrangheta nell’area del Piemonte ed in particolare del torinese. Come mette in risalto il Corriere della Calabria, il pg Alfredo Viola aveva affermato nel corso dell’udienza dello scorso febbraio: «Caccia è stato un servitore dello Stato con una condotta fuori dell’ordinario non per i passi fatti in avanti ma per i passi indietro fatti da altri, e con le parole di Giovanni Falcone ricordo che “si muore perché spesso si è privi delle necessarie alleanze”».



Prima vittima di mafia al Nord, Bruno Caccia non ha potuto fare affidamento a misure di protezione stringenti e per questo motivo è stato raggiunto più facilmente dalla criminalità organizzata. Ora però c’è finalmente un colpevole, anzi più colpevoli: la battaglia portata avanti dalla famiglia del magistrato ha avuto un esito positivo…

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