Per la prima volta dalla notte compresa tra il 25 e il 26 luglio, quella in cui venne ucciso a Roma il carabiniere Mario Cerciello Rega, è il padre di Finnegan Lee Elder, uno dei due ragazzi americani arrestati (l’altro è Gabriele Natale Hjorth, ndr), parla in un’intervista a La Repubblica. Ethan Elder, questo il nome dell’uomo, ricostruisce i momenti che hanno cambiato la loro vita per sempre: “Era il 26 luglio, un venerdì mattina. Mia moglie Leah e io stavamo lavorando, in casa, a San Francisco. D’un tratto la sento urlare: “Che cosa è successo, Finnegan?”. Nostro figlio era in Europa, in viaggio, e sua madre l’aveva appena aiutato a trovare una stanza d’albergo a Roma dove avrebbe dovuto incontrare un suo amico, che non conoscevamo. La raggiunsi e la trovai a parlare con due poliziotti italiani su FaceTime. Uno di loro diceva: “Non ho un’ora per capire se lei ha un avvocato italiano!”. E poi, poco prima che riattaccassero, abbiamo sentito la voce di nostro figlio che urlava: “Mamma, stanno dicendo che ho ucciso un poliziotto!””. Ethan Elder dice non aver subito capito cosa stesse accadendo: “Solo nelle successive 24 ore abbiamo saputo che, secondo i carabinieri, Finn e il suo amico Gabe erano stati derubati mentre tentavano di acquistare cocaina da un pusher: avevano allora sottratto lo zaino all’uomo che li aveva messi in contatto con lo spacciatore, e poi avevano organizzato la restituzione dello zaino in cambio di 80 euro. Invece, i ragazzi erano stati assaliti da due uomini in borghese che si erano poi rivelati carabinieri. Nella lotta che ne era seguita, Finn aveva accoltellato il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega”.



OMICIDIO CERCIELLO REGA: PADRE LEE ELDER, “NOSTRO FIGLIO NON E’ UN SANTO MA…”

Ma qual è la posizione del papà di Finnegan Lee Elder? “Il nostro ragazzo non è un santo. Ha avuto guai in precedenza per una scazzottata fuori dal campus quando era al liceo, e ha avuto problemi con la marijuana. Le sue immagini su Instagram hanno fatto vergognare noi e anche lui. Ma l’idea che sia uscito quella notte con l’intenzione di uccidere un poliziotto, come afferma l’accusa, è assurda. Per esempio: perché i carabinieri erano in borghese, vestiti con magliette e bermuda, quando hanno aggredito i ragazzi alle 3 del mattino? Perché nessuno dei due sottufficiali aveva una pistola, un distintivo o addirittura delle manette? Perché stavano rispondendo alla chiamata di un individuo che aveva aiutato i turisti in un’attività illegale? In che modo, come ha affermato Varriale (l’altro carabiniere, ndr), un ragazzo di 68 chili era riuscito a sopraffare Rega, che ne pesava 115? Gabe, che parla italiano, non ha mai detto che i carabinieri si erano identificati, come riferito dagli investigatori. Varriale inoltre aveva sostenuto che gli “assalitori” erano nordafricani; Finn e Gabe sono decisamente caucasici. La storia ufficiale è piena di buchi. E anche in Italia so che in molti iniziarono a mormorare “Qualcosa non va””.



OMICIDIO CERCIELLO REGA: “CONFESSIONE ESTORTA A CALCI E SPUTI”

Le accuse che il papà del ragazzo americano muove alle forze dell’ordine sono pesanti: “Dopo cinque minuti Finn aveva già detto: “Non sapevamo che fossero poliziotti”. Ci siamo subito resi conto di avere a che fare con un sistema giuridico molto diverso. La “confessione” che Finn ha reso alla polizia è infatti arrivata dopo otto ore di schiaffi, calci e sputi; inquirenti diversi, nessuno dei quali era in grado di parlare correttamente in inglese, arrivarono nel corso degli interrogatori ad estrapolare le parole che volevano sentirsi dire con la tecnica del “leapfrogging”. Poi abbiamo saputo che i carabinieri ci avevano filmato di nascosto durante la nostra visita a Finn, in prigione. Poco prima del giorno del Ringraziamento un giornale italiano riferiva che l’accusa aveva trascrizioni di questa visita in cui Finn ammetteva di sapere che erano poliziotti. Ma non era vero. Abbiamo visto le registrazioni ed eravamo lì, separatamente: sappiamo bene cosa è stato effettivamente detto”.

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