Emergono importanti dettagli in merito all’omicidio di Cologne, l’uccisione del 40enne Rama Nexhat, di origini kosovare, per cui in carcere vi è Cristiano Mossali, meccanico 53enne di Palazzolo. Stando a quanto sostengono gli inquirenti, così come si legge nell’ordinanza di convalida del gip firmata dal tribunale di Brescia, l’italiano avrebbe ucciso lo straniero per un debito che lo stesso aveva di 50 mila euro, e che non era più in grado di restituire, anche se ovviamente il condizionale resta d’obbligo. “La dinamica dell’omicidio appare piuttosto chiara – si legge sull’ordinanza del gip – Rama Nexhat è stato aggredito, verosimilmente da tergo dal suo assassino, che ha esploso quantomeno un colpo di arma da fuoco colpendolo alla testa, cagionandone la morte, per poi caricare il cadavere sulla stessa autovettura della vittima, portandola nel luogo campestre in cui poi è stata data alle fiamme, col corpo del Nexhat al suo interno”.



Secondo quanto segnalato ancora dal gip, Mossali, che fino ad oggi si è sempre dichiarato innocente, si sarebbe “dimostrato persona – si legge ancora su BresciaToday – in grado di pianificare nei minimi dettagli un delitto di elevata gravità del tipo di quello concretamente commesso, del tutto insensibile al rispetto della vita altrui, pronto ad agire in prima persona uccidendo e agendo in modo crudele”.



OMICIDIO COLOGNE, MOSSALI E IL GIORNO DELLA MORTE DI NEXHAT

L’omicidio di Cologne sarebbe avvenuto all’interno all’interno dei locali dell’officina dello stesso Mossali nella giornata di lunedì 29 agosto, dopo di che il cadavere di Rama Nexhat, sarebbe stato caricato sull’auto della vittima e quindi portato presso le campagna di Cologne dove l’auto è stata trovata carbonizzata.

Secondo quanto emerso il meccanico avrebbe detto, il giorno della morte di Rama, di stare a casa ai suoi dipendenti, ed inoltre, avrebbe chiesto a moglie e figlio di coprirlo qualora fossero arrivati i carabinieri, dicendo che l’uomo aveva mangiato con loro. Infine, avrebbe chiesto al figlio di formattare la memoria delle telecamere di sorveglianza presenti in officina. Secondo quanto scrive il gip, la causa, come detto sopra, “va rinvenuta non solo nelle continue richieste di restituzione di danaro da parte di Rama Nexhat nei confronti dell’indagato forse di natura estorsiva o usuraria”.