Questa sera tornerà in onda con la prima puntata della nuova stagione la trasmissione ‘Detectives – Casi risolti e irrisolti‘ condotta – in seconda sera su Rai 3 tutte le domeniche da qui al 3 novembre – da Pino Rinaldi: il soggetto della puntata sarà l’omicidio Cristiano Aprile che resta – da quasi 40 anni uno dei più misteriosi cold case della Capitale, costato la vita ad un bambino di 12 anni per ragioni che non sono mai state chiarite (ed indagate) fino in fondo, lasciando dietro di sé una serie di dubbi che dopo tutti questi anni non fanno altro che aumentare la nebbia che avvolge un vicenda inspiegabile.



Per capire cosa è successo a Cristiano Aprile dobbiamo tornare indietro nel tempo di circa 40 anni (precisamente 37) fino al 24 febbraio del 1987: erano da poco passate le 8:30 del mattino e in casa Aprile – sita al 35 di via Levanna – si trovano solamente il piccolo Cristiano di appena 12 anni, la sorellona 14enne Giada e la madre di entrambi, Fiorella Baroncelli; mentre il padre Valerio e il figlio più grande Patrizio sono usciti una mezzoretta prima per recarsi – rispettivamente – al lavoro e a scuola.



Proprio alle 8:30 qualcuno suona insistentemente il campanello di via Levanna 35 fino a quando – esasperata dagli impegni – Baroncelli risponde trovandosi davanti quello che poco dopo descriverà come un ragazzino che si era presentato come ex allievo del marito che voleva prendere in prestito un suo libro; ma una volta entrato in casa estrae un lungo coltello e – dopo aver minacciato Baroncelli – si scaglia ferocemente su Cristiano Aprile, attirato dai rumori fuori dalla sua stanza, per poi ferire gravemente anche la madre e la sorella Giada poco prima di dileguarsi passando dall’androne del palazzo.



Tutti i dubbi sull’omicidio Cristiano Aprile: cosa è successo in quell’abitazione di Roma il 24 febbraio 1987

Qui si fermano le certezze che abbiamo sull’omicidio Cristiano Aprile, salvo la certezza che il 12enne fu l’unico a morire, mentre la madre – che fece appena in tempo a lanciare l’allarme prima di svenire – e la sorella si ripresero in una manciata di giorni dopo alcuni interventi chirurgici: la guida delle indagini fu assunta da Rino Monaco che iniziò a vagliare tutte le possibili piste partendo dalla sola consapevolezza che il killer sarebbe un presunto ex allievo del padre della vittima; ma senza escludere del tutto le possibili piste di un tentato furto, di un pazzo qualsiasi o di un tossico in cerca di soldi.

Per capire chi aveva ucciso il piccolo Cristiano Aprile si interrogarono circa 300 ex studenti grazie anche ad un identikit con cui la madre della vittima descrisse l’aggressore come “magro, emaciato, con capelli corti e occhiali normali e grandi (..) di colorito livido”; ma purtroppo senza mai giungere a nulla di concreto, neppure una vaga pista che potesse avvalorare l’ipotesi della ritorsione per un qualche torto subito dal killer da parte del padre del ragazzino.

Come se non bastasse, rimangono alcuni importanti interrogativi sulla morte di Cristiano Aprile: il primo è come abbia fatto ad allontanarsi del tutto indisturbato e senza essere notato da nessuno un ragazzino completamente ricoperto di sangue nell’ora di punta lavorativa di una mattinata qualsiasi; ma anche – e forse ancor più importante – quella frase pronunciata dal padre dopo aver appreso dell’omicidio in cui si disse dispiaciuto “che ci sia andato di mezzo lui che non c’entrava nulla“.