Le indagini sull’omicidio di Candido Montini a Garzeno (Como) potrebbero essere alla svolta decisiva con il fermo disposto a carico di un minorenne. Lo riporta Agi, secondo cui le analisi del Dna a tappeto avrebbero portato a evidenziare una compatibilità del suo profilo genetico le tracce isolate sulla scena del crimine.
La vittima, 76 anni, era titolare di un negozio del posto e alle spalle aveva un percorso in politica che lo aveva visto eletto alla carica di consigliere e vicesindaco. Stando alla ricostruzione del delitto finora emersa, Candido Montini sarebbe stato ucciso a coltellate il 24 settembre scorso e il giovane indagato, un 17enne, sarebbe residente nella zona.
Omicidio di Candido Montini a Garzeno: test Dna a tappeto per scovare l’assassino e il presunto movente
Il provvedimento a carico del ragazzo sarebbe stato disposto dalla Procura dei Minori all’esito di un interrogatorio di diverse ore. Decisivi sarebbero stati i test del Dna condotti a tappeto tra gli abitanti di Garzeno.
Mentre le indagini sono nel pieno svolgimento, trapela un possibile movente di natura economica alla luce del ritrovamento del portafoglio vuoto della vittima in un punto poco distante dall’abitazione e dal negozio di sua proprietà. Ciò rafforza l’ipotesi di una rapina sfociata nel sangue. Tracce biologiche fondamentali per arrivarea alla svolta, riporta ancora l’agenzia di stampa, sarebbero state individuate in sede di rilievi scientifici sulla scena del crimine e in particolare su un coltello da cucina che si ritiene essere l’arma del delitto. Sul corpo del 76enne, il medico legale che ha svolto l’autopsia avrebbe rilevato segni riconducibili a un tentativo di difesa e circa 20 coltellate. Drammatico lo sfogo del fratello di Candido Montini dopo la notizia del fermo del 17enne: “Non sono sicuro, ma se fosse così lo ammazzerei con le mie mani. Siamo anche parenti, il nonno era fratello di nostro padre. Ero fuori strada, non avrei pensato fosse lui, non so perché questo ragazzo abbia fatto una cosa simile, neppure a un cane“. La modalità omicidiaria, secondo la criminologa Roberta Bruzzone, non porterebbe a ritenere sussistente l’ipotesi di un complice: “Penso a un solo soggetto sulla scena, aveva sicuramente l’opportunità di avere la meglio sulla povera vittima. Anche il fatto stesso della gestione successiva ai fatti, con rilascio dell’arma, tutta una serie di comportamenti caotici, mi ha fatto sempre fatto propendere per un soggetto molto giovane legato alla zona“.