Era il 9 maggio 1997 quando Marta Russo, mentre passeggiava nella città universitaria della Sapienza di Roma, venne colpita da un proiettile vagante. La giovane studentessa ventiduenne, iscritta a giurisprudenza, fu gravemente ferita e cinque giorni dopo morì in ospedale: i genitori e la sorella decisero di donare gli organi, su volontà della stessa giovane che più volte si era espressa a favore. Nel 2003, sei anni dopo l’omicidio, fu condannato in via definitiva l’assistente universitario di filosofia del diritto Giovanni Scattone insieme a un suo collega, Salvatore Ferraro, quest’ultimo condannato per favoreggiamento personale. I due si sono sempre professati innocenti.



Secondo la prima sentenza, infatti, Scattone avrebbe maneggiato l’arma ed esploso il colpo di pistola per errore, puntandola forse contro un muro o senza sapere che fosse circa. Ferraro, suo complice, avrebbe portato via l’arma. Ma facciamo un passo per volta: dopo l’omicidio di Marta Russo, numerosi esperti lavorarono al caso per la ricostruzione balistica. A seconda della posizione della testa della giovane studentessa, infatti, si potevano ipotizzare diverse traiettorie. Inizialmente si penso ad un agguato terroristico-politico ma l’ipotesi fu subito scartata perché la vittima né l’amica che era con lei appartenevano a movimenti politici.



Scattone e Ferraro condannati per l’omicidio di Marta Russo

Furono tantissime le ipotesi prese in considerazione dagli inquirenti per spiegare l’omicidio di Marta Russo e dare giustizia alla vittima. Solamente in un secondo momento si arrivò ai nomi di Scattone e Ferraro, il primo dottorando e assistente non retribuito e il secondo dottore di ricerca in giurisprudenza e assistente del professor Gaetano Carcaterra. I due assistenti tenevano allora alcuni corsi di filosofia del diritto e secondo la testimonianza di vari studenti, spesso parlarono del “delitto perfetto”, anche se poi questa ricostruzione venne smentita. I due si sono sempre proclamati innocenti.



In primo grado i pm chiesero la condanna di Scattone e Ferraro a 18 anni di reclusione per concorso in omicidio volontario causato da dolo eventuale e per detenzione illegale di arma da fuoco. Il 1 giugno 1999 la Corte d’assiste condannò Giovanni Scattone a 7 anni di reclusione per omicidio colposo mentre Ferraro venne prosciolto dall’accusa di concorso in omicidio volontario e condannato per favoreggiamento. Il 7 febbraio 2001 la Corte d’assiste d’appello confermò la sentenza di primo grado aumentando la pena a 8 anni per Scattone e a 6 per Ferraro. La Corte di Cassazione nel dicembre 2001 annullò la sentenza e nel 2003 condannò Scattone a 5 anni e quattro mesi e Ferraro a 4 anni e due mesi, eliminando per entrambi il reato di detenzione illegale di arma.