C’è una novità nel caso dell’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a coltellate per strada a Terno d’Isola (Bergamo) la notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi. Mentre la caccia al killer continua a ritmo serrato, scandagliando vita privata e sociale della vittima, spunta il dettaglio sull’ultima frase che Sharon Verzeni avrebbe pronunciato nella sua disperata richiesta d’aiuto via telefono ai soccorsi: “Mi ha accoltellato” e non “Mi hanno accoltellato” come invece inizialmente trapelato. Si tratta di un particolare, riportato in queste ore dal Corriere della Sera, che assume un potenziale rilievo investigativo perché capace di portare in testa l’ipotesi di un legame con l’assassino.



Sharon Verzeni conosceva chi l’ha aggredita in modo “fulmineo”, senza darle modo di difendersi, e ha capito chi era prima di morire? La risposta a questo interrogativo potrebbe essere affermativa se venisse confermato il contenuto delle sue ultime parole, nonostante la donna non abbia avuto il tempo di riferire ai soccorritori l’identità di chi l’ha accoltellata a morte. Inevitabilmente, questo alimenta i riflettori sulla sfera di contatti della 33enne e ora sembrerebbe prendere quota lo scenario di una pregressa interazione tra vittima e omicida.



Omicidio di Sharon Verzeni: cosa sappiamo sull’ultima telefonata ai soccorsi prima di morire

L’orario della telefonata di Sharon Verzeni dopo l’accoltellamento, registrato dalla centrale del 118, secondo quanto ricostruisce il quotidiano risulta essere quello delle 00:52. La frase esatta pronunciata dalla 33enne sarebbe “Mi ha accoltellato, parole che sgombrerebbero il campo dall’ipotesi di un’aggressione compiuta da più persone e che aprono allo scenario di un legame con il killer.

Non è però da escludere che, nelle concitate fasi dopo l’aggressione, la donna abbia parlato in quel modo per la fretta di riferire cosa le era successo senza però riconoscere l’assassino. Secondo quanto rilevato in sede di autopsia, Sharon Verzeni è stata colpita con 4 coltellate in maniera “fulminea”. Difficile stabilire la sequenza dei fendenti, 3 alla schiena e uno al torace. Non è chiaro quindi se l’assassino abbia iniziato la sua azione sorprendendo la vittima alle spalle o se l’abbia prima accoltellata davanti.



Nel giallo, oltre al rebus sul movente, al momento neppure ipotizzato, anche quello sull’arma del delitto: non si trova, ma le lesioni sul corpo della 33enne proverebbero una compatibilità con una grossa lama, forse un coltello da cucina di dimensioni importanti.

Omicidio di Sharon Verzeni, il nodo del “supertestimone” indagato e il mistero della passeggiata notturna

Procedono intanto le audizioni di parenti e conoscenti di Sharon Verzeni e ieri, per la terza volta, è stato sentito il compagno Sergio Ruocco. Quella notte dice di essere rimasto a casa e il suo alibi reggerebbe. Finora tante domande e nessun indagato per l’omicidio. La sola iscrizione nel registro notizie di reato riguarderebbe un residente della zona di via Castegnate, dove si è consumato il delitto, che avrebbe fornito versioni contrastanti su ciò che avrebbe fatto quella notte.

Risulta indagato per falsa testimonianza e, secondo gli inquirenti, potrebbe essere un supertestimone: chi indaga è convinto che, nonostante la reticenza iniziale per cui avrebbe mentito sostenendo di essere a letto (la telecamera lo avrebbe ritratto invece affacciato al balcone), vista la posizione della sua casa, a circa 200 metri dal luogo del delitto, potrebbe aver visto la fuga del misterioso soggetto ripreso da una telecamera mentre, in orario compatibile con l’uccisione della 33enne, si allontanava contromano in bicicletta dalla presunta scena del crimine. L’uomo però insiste: “Non ho visto niente“.

C’è poi il mistero della passeggiata notturna di Sharon Verzeni, una sorta di “unicum” e non una consuetudine soprattutto a quell’ora (non era mai uscita a mezzanotte neppure la settimana precedente alla sua morte). Le telecamere della zona non avrebbero ripreso alcun pedinamento ai danni della 33enne lungo il tragitto della sua camminata, e proprio il fatto che non fosse solita uscire a quelle ore sembra escludere che il killer fosse appostato in attesa di tenderle un agguato. Nessuna interazione telefonica, inoltre, dall’utenza della vittima in quel lasso temporale tra l’uscita di casa e le 00:50. Sharon Verzeni, stando a quanto appreso, non avrebbe conversato con nessuno via cellulare né con messaggi né con chiamate eccetto la telefonata fatta ai soccorsi dopo l’aggressione.

E infine il giallo della scena del crimine: la donna è stata colpita in una zona molto frequentata, in pieno centro abitato e in piena estate. Nonostante tutte queste potenziali criticità per un assassino, con l’altissimo rischio di essere scoperto, chi l’ha uccisa sarebbe riuscito a guadagnare la fuga in modo da non lasciare alcuna traccia neppure nei video delle telecamere di sicurezza che insistono lì vicino. Si sarebbe dileguato velocemente e indisturbato, consegnando agli investigatori un enigma tutto da risolvere.