A quattro anni dall’omicidio di Fabrizio Piscitelli, capo ultrà della Lazio noto come Diabolik, al parco degli Acquedotti di Roma si è tenuta una commemorazione per ricordare il 53enne freddato con un colpo di pistola alla testa il 7 agosto 2019. Piscitelli, leader degli Irriducibili, era una figura di punta della tifoseria biancoceleste e parenti e amici, riporta Adnkronos, poche ore fa si sono riuniti in sua memoria sul luogo del delitto.



Il 23 febbraio scorso, davanti alla Corte d’Assise della Capitale, è iniziato il processo che vede unico imputato Raul Esteban Calderon, argentino accusato di omicidio volontario aggravato dal metodo mafioso e detenzione abusiva di armi. Secondo la ricostruzione a suo carico, sarebbe lui l’esecutore materiale del delitto immortalato in un filmato dell’esecuzione finito agli atti dell’inchiesta tra gli elementi dominanti dell’impianto accusatorio. Ai microfoni dell’agenzia di stampa, la sorella di Diabolik, che durante la commemorazione avrebbe rivolto una lettera al fratello ucciso nell’agguato, ha ribadito il suo punto di vista sulla vicenda: “Voglio stare sul qui ed ora e dico, senza veli, che il video non lascia spazio ad alcun dubbio e quindi, pur rispettando la presunzione di innocenza senza però insultare la nostra intelligenza, il killer è quello immortalato nel video”.



Omicidio Diabolik: caccia ai mandanti dell’agguato a Fabrizio Piscitelli

Quattro anni dopo l’agguato a Fabrizio Piscitelli, è ancora caccia aperta ai mandanti dell’omicidio di Diabolik. Secondo le ipotesi dell’accusa, oltre all’imputato alla sbarra perché ritenuto esecutore materiale del delitto, l’ergentino Esteban, ci sarebbero altre persone coinvolte finora rimaste nell’ombra. “Non abbiamo smesso di sperare nel lavoro degli inquirenti e qualora riuscissero a dare risposte noi urleremo il nostro grazie“, ha dichiarato la sorella della vittima all’Adnkronos.



In merito al processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Roma, aperto il 23 febbraio scorso, la donna ha aggiunto: “Ci siamo via via resi conto della difficile indagine dove tutti credono di sapere ma nessuno ha dato un contributo. Grave ritenere che ognuno ha la priorità di proteggersi nel fortino criminale conservandosi spazio e immagine (…). Chiedo semplicemente giustizia senza quelle complicazioni date dagli eccessi garantisti che in certi casi gridano vergogna. Speriamo di non rientrare in questa casistica. Mio fratello è stato ucciso, resta la vittima di un omicidio e sia l’autore che i mandanti devono pagare il loro conto alla giustizia. Se Fabrizio fosse stato in vita, lo avrebbe fatto stando in carcere“.