Omicidio Elena Ceste: il corpo trovato in un corso d’acqua…

E’ una fredda mattina del 24 gennaio 2014 quando di Elena Ceste si perdono per sempre le tracce. Il caso della donna di Costrigliole d’Asti sarà al centro della nuova puntata de Il Terzo Indizio, in onda nella prima serata di oggi su Rete 4. Si scoprirà solo diversi mesi dopo, il 18 ottobre dello stesso anno, che Elena non si era allontanata volontariamente ma fu uccisa. Il suo corpo fu trovato in un corso d’acqua a pochi chilometri dalla sua abitazione. Quel delitto, come scrisse il giudice dell’Appello, ebbe una “lunga incubazione” nella mente del marito Michele Buoninconti, condannato a 30 anni di carcere per omicidio e occultamento di cadavere.



Fu proprio Buoninconti a denunciarne la scomparsa prima che il cadavere della donna venisse ritrovato 10 mesi dopo sulle rive del Rio Mersa. L’uomo riferì agli inquirenti che forse la moglie sarebbe andata via, sconvolta, dopo avergli confidato la sera prima di aver intrattenuto dei rapporti con un altro uomo, via sms. Michele ipotizzò inoltre che Elena fosse uscita di casa completamente nuda malgrado il freddo del periodo. Il caso di cronaca tenne l’Italia con il fiato sospeso per circa un anno fino a quando non emerse una situazione famigliare complessa che lasciò ben presto emergere il contesto in cui si sviluppò il delitto premeditato della Ceste.



Omicidio Elena Ceste: i sospetti su Michele Buoninconti e i processi

Sin dall’inizio per il marito Michele Buoninconti quello della moglie Elena Ceste fu un allontanamento volontario. Tuttavia, i sospetti degli inquirenti si posarono sin da subito sull’uomo dal quale emerse un carattere aggressivo ed oppressivo con i figli, spesso oggetto delle sue minacce. In seguito al ritrovamento del corpo, sebbene in avanzato stato di decomposizione, tutto cambia. L’ipotesi degli inquirenti è che la donna sia stata uccisa dal marito, strangolata, in preda ad un attacco di rabbia. Buoninconti, dopo il ritrovamento del corpo, è stato arrestato con l’accusa di omicidio premeditato ed occultamento di cadavere.



L’uomo non ha mai ammesso l’omicidio della moglie. Nel 2015, al termine del primo grado è stato condannato a 30 anni di reclusione, pena poi confermata anche in Appello. Nel maggio 2018 la Cassazione ha rigettato il ricorso del marito confermando la condanna a 30 anni. Nonostante questo, nel gennaio del 2020 il marito della vittima ha chiesto la revisione del processo insistendo con la sua tesi: “Elena è morta di freddo”.

L’errore commesso dal marito Michele Buoninconti

Michele Buoninconti, nel mettere a punto il delitto di Elena Ceste avrebbe compiuto un solo grave errore. A ribadirlo è il giudice Roberto Amerio, nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. L’errore al quale fa riferimento sarebbero le chiamate che l’uomo avrebbe fatto dal cellulare della moglie il giorno del delitto, probabilmente con l’intento di cercare lo stesso dispositivo, forse con il timore di averlo smarrito. L’analisi delle celle telefoniche dimostrò che era “nell’area del ritrovamento del corpo di Elena in un orario compatibile con il successivo sviluppo dei fatti”.

I processi non stabilirono con assoluta certezza le modalità con le quali Michele uccise Elena, ma “il mancato rinvenimento di tracce ematiche sulla scena del delitto e sulle auto in uso alla famiglia, oltre all’assenza di veleni e/o farmaci sul parenchima ematico, orientino per un omicidio commesso per strangolamento”. Il motivo? E’ sempre il giudice a riferirlo: “E’ del tutto verosimile ritenere che sia stata l’esasperazione di Michele per la doppia vita tenuta di Elena a sua insaputa a costituire il detonatore dell’azione criminosa”.