Sono 480 negli ultimi vent’anni i bambini uccisi dai genitori. E il più delle volte a compiere il gesto sono le madri. Mentre sono ancora in corso le indagini, Martina Patti, la mamma ventenne di Elena De Pozzo, la bambina di 5 anni scomparsa ieri a Tremestieri Etneo, vicino a Catania, avrebbe confessato di averla uccisa lei, senza saper spiegare il motivo del gesto. La donna aveva denunciato il rapimento della figlia da parte di tre uomini armati all’uscita della scuola, dando vaghe spiegazioni su una possibile vendetta nei confronti del suo ex compagno, il padre della bimba. Poi una notte di interrogatori l’hanno fatta crollare e ha condotto lei le forze dell’ordine a 400 metri dalla sua abitazione: nel terreno era sepolta Elena.
Si indagherà ancora ovviamente, la famiglia di lui dice si tratti di un tentativo di incastrarlo. Quello che è sicuro è che siamo davanti all’ennesimo assassinio di un minore in cui è coinvolto uno dei genitori. Secondo lo psichiatra, sociologo, educatore e saggista Paolo Crepet, come ci ha detto in questa intervista, “non ci accorgiamo che il razzismo più profondo non lo nutriamo contro i diversi, gli alieni, ma proprio nei confronti delle persone che dovremmo amare di più, i bambini: si chiama pedofobia”. Da non confondersi con la pedofilia, è la paura degli adolescenti, “visti spesso come un peso, una zavorra da cui liberarsi” dice ancora Crepet, “una paura anormale, irrazionale nei confronti dei bambini, genitori che non vogliono più o non hanno mai voluto fare i genitori”.
Da quello che sappiamo del caso in questione, la prima cosa a cui viene da pensare è la solitudine: una villetta in campagna, un compagno che viveva altrove, scarsi rapporti con i nonni. Che ne pensa?
La solitudine è sempre alla base di questi episodi. Continuiamo a dirlo, personalmente lo dico da anni. La cosa peggiore è che mentre aumentano gli strumenti di comunicazione, dall’altra aumenta la solitudine, c’è qualcosa che evidentemente non va. Ce lo diciamo e dopo pochi minuti la gente riprende a chattare sui social. Questa ragazza magari aveva dieci profili social, ma era drammaticamente sola, neanche il compagno aveva, il padre della figlia. Nel 2022 la gente è sola.
Mancano gli strumenti, ad esempio un maggior coinvolgimento delle strutture nei confronti di chi vive in queste condizioni?
Intanto dipende se la persona cerca aiuto, in questo caso non sappiamo se sia stato fatto. Ma anche se uno cerca aiuto, cosa trova oggi da parte dello Stato o delle amministrazioni comunali? Praticamente nulla.
La bambina uccisa però andava a scuola tutti i giorni, come è possibile che nessuno si sia accorto che esisteva un disagio?
Certo che è possibile, altrimenti non succederebbero queste cose. Non è un caso isolato, vent’anni fa c’è stato l’omicidio di Cogne e in mezzo tantissimi episodi analoghi a questo. Mi permetto di citare il mio nuovo libro, “Lezioni di sogni”, dove c’è un capitolo che si chiama pedofobia, che dice tutto quello che penso di questi episodi.
Sarebbe?
La paura dei bambini. Non è vero che ci piacciono i bambini.
E’ sempre stato così o è una patologia di questo ultimo periodo storico?
Non ho le statistiche dell’800, magari allora i bambini li buttavano nei pozzi. Il motivo a quel tempo poteva essere dettato da ragioni economiche, c’era la miseria assoluta e mancavano i mezzi per crescere i figli. Oggi questa miseria assoluta, grazie a Dio, non c’è quasi più, soprattutto non c’è nelle realtà giovanili, ma tra gli anziani, i pensionati sociali per capirci. In un caso come questo quello che vediamo in azione è odio puro nei confronti del bambino, magari in modo non razionale, non cosciente.
Ma cosa scatta in una madre che decide di uccidere il figlio? Una sorta di vendetta?
No, semplicemente il figlio è un peso che viene smaltito come si butta una zavorra per alleggerire la barca. Sono parole dure le mie, possono sembrare ciniche, ma credo sia la verità, piuttosto che offrire altre visioni edulcorate. Si vuole eliminare un peso nel senso fisico. Non conosciamo i particolari, ma vedendo l’età della ragazza madre probabilmente, avendo una bambina di 5 anni, non poteva andare all’aperitivo con le amiche o in discoteca. Il padre poi era più che assente.
Tutto questo è collegabile con il fatto che non si facciano quasi più figli? C’è qualcosa in comune?
Non fare figli è l’unica cosa coerente con quello che siamo diventati, pedofobici. E non parlo solo di casi terribili come l’omicidio. Siamo pedofobici perché non aumentiamo il salario degli insegnanti, non diamo alcun sostegno alle risorse sociali. Se non diamo soldi agli strumenti che possano sostenere la famiglia, vuol dire che la famiglia non ci interessa. La famiglia è morta da tempo e non se ne è accorto nessuno.
(Paolo Vites)
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