Il caso dell’omicidio Faraci e di Melina Aita è stato affrontato nel corso dell’ultima puntata del programma Lombardia Nera. Dopo essere stata condannata all’ergastolo un paio di anni fa, accusata di essere stata la mandante e al tempo stesso di aver partecipato all’omicidio del marito, la donna di Somma Lombardo è stata poi assolta in appello per non aver commesso il fatto. Era il 12 aprile del 2014 quando il marito Antonino Faraci moriva: ma chi è stato ad ucciderlo?



“Io sono innocente, non ho fatto niente, per 50 anni ho vissuto con mio marito”, queste le parole di Melina ai microfoni di Lombardia Nera. Il verdetto è stato completamente ribaltato dal primo al secondo grado per la 71enne di Somma Lombardo, ora in liberta per una sentenza che il suo avvocato ha definito storica. Il marito della donna, Antonino “Nino” Faraci, fu ucciso nella casa dove viveva con la moglie. La sentenza è giunta nel 2018: ergastolo per la moglie e per due tunisini considerati gli esecutori materiali del delitto avvenuto con due coltellate nel soggiorno dell’abitazione.



Omicidio Faraci, Melina Aita non uccise il marito: assolta

Uno dei due tunisini accusati del delitto di Somma Lombardo, Bechir Baghouli, è stato condannato anche in secondo grado a 24 anni di reclusione dopo che tracce ematiche a lui appartenenti furono rinvenute sul luogo dell’omicidio. Assolti invece l’altro tunisino e la moglie di Nino Faraci, Melina Aita. Fu proprio lei, come appurarono gli inquirenti, a trovare il cadavere del marito accanto al divano dopo essere entrata a casa. Ad incastrarla furono le continue telefonate con i due tunisini, la messinscena della presunta rapina per sviare gli inquirenti e le analisi delle tracce ematiche. Tutti elementi sgretolati dalla difesa della donna che ha dimostrato l’insussistenza probatoria degli indizi e l’assenza totale della premeditazione, tra i motivi che avevano portato all’ergastolo a carico della donna nel processo di primo grado.



Melina Aita è stata assolta non solo per insufficienza di prove ma per non aver commesso il fatto. In merito alle telefonate con i due tunisini, queste non andrebbero a testimoniare la complicità della donna nell’omicidio del marito per il quale, secondo il giudice dell’Appello di Milano sarebbe stata del tutto estranea: assente sulla scena del delitto e neppure mandante dell’omicidio. La sentenza di secondo grado ha totalmente ribaltato la situazione rimettendo in libertà Aita Melina dopo oltre un anno e mezzo di carcere, senza più il marito del cui omicidio resta un solo colpevole: un tunisino che però da diversi anni ha ormai fatto perdere le sue tracce.