L’omicidio di Francesca Martino, per mano del genero Michele Sepede, al centro della puntata di oggi di “Commissari – sulle tracce del male“, il programma condotto da Pino Rinaldi e realizzato in collaborazione con la Polizia di Stato in onda su Rai 3 a partire dalle 23:10. Nel nono dei dodici casi di cronaca giudiziaria di questa edizione si torna indietro al 10 settembre 2002: la tranquilla città di Campobasso viene sconvolta dal ritrovamento del cadavere di Francesca Martino all’interno della tipografia di famiglia. A far ritrovare il suo corpo nel locale di via Mazzini una telefonata anonima: i sanitari, accorsi sul posto, rinvengono il cadavere della donna in un lago di sangue. Sul suo corpo segni evidenti di ferite da coltello al collo e alla testa, oltre ad un colpo al capo che si rivelerà inferto con un oggetto contundente.



OMICIDIO FRANCESCA MARTINO: IL DELITTO CHE SCONVOLSE CAMPOBASSO

Ma chi ha potuto usare questa ferocia nei confronti di Francesca Martino, madre di famiglia e titolare della stessa attività commerciale? Pino Rinaldi ha ricostruito la vicenda, paragonata a quella di una “partita a scacchi”, con il Commissario Domenico Farinacci, attualmente vicario del questore di Forlì, all’epoca dei fatti Capo della Squadra Mobile di Campobasso. Le indagini quasi immediatamente virarono su Michele Sepede, 35enne genero della donna, il quale, come ricorda cblive.it, quattro giorni dopo il delitto venne ufficialmente indagato per l’omicidio della suocera. Nel corso di un interrogatorio, fu lo stesso Michele a dire agli inquirenti che le modalità di morte della donna ricordavano da vicino quelle del padre. Parole che insospettirono gli inquirenti, portandoli ad andare a fondo anche a quella questione: Emilio Sepede, infatti, morì a Busso nel 2000. Un decesso che venne archiviato come accidentale, ma la riesumazione del cadavere cambiò ogni cosa.



OMICIDIO FRANCESCA MARTINO: IL MOVENTE DI MICHELE SEPEDE

Con quelle parole pronunciate nell’interrogatorio fiume, Michele Sepede si tirò la classica zappa sui piedi. Fu infatti accusato anche dell’omicidio del padre nel lungo processo a suo carico che nel 2007 si tradusse con la condanna in appello alla pena dell’ergastolo. Una sentenza ancora più pesante di quella di primo grado, che vide l’imputato condannato a scontare 30 anni di reclusione. Una decisione arrivata dopo una camera di consiglio interminabile, durata addirittura due giorni, e che produsse anche l’isolamento diurno per 6 mesi. Il movente? Secondo i giudici, a scatenare la furia omicida di Michele Sepede fu la volontà di non portare a conoscenza della moglie le condizioni economiche sfavorevoli nelle quali versava. Nella puntata anche le interviste a Concetta Simone in servizio presso l´UPGSP della Questura di Campobasso, all’epoca dei fatti alla Squadra Mobile e a Gaetano Savinetti e Mario Oriente, poliziotti attualmente in quiescenza, che hanno seguito il caso.

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