Regali e coltelli in macchina, armi nascoste dietro l’apparenza di un tranquillo appuntamento e da usare in caso di rifiuto per colpire e uccidere, senza tornare indietro. È uno dei passaggi della ricostruzione del delitto di Giulia Cecchettin che emerge dalla confessione di Filippo Turetta, il giovane in attesa di processo per l’omicidio della ex fidanzata assassinata con decine di coltellate l’11 novembre 2023 dopo una serata trascorsa in un centro commerciale a caccia di abiti per la sua imminente laurea. Nel suo orizzonte giudiziario si profila il rischio ergastolo perché, secondo l’accusa, avrebbe agito con premeditazione e crudeltà dopo aver avuto un tempo sufficiente per ripensarci. E non lo ha fatto.



Filippo Turetta ha confessato il delitto dopo la sua cattura in Germania, al culmine di una fuga durata una settimana dopo aver abbandonato il corpo di Giulia Cecchettin in un dirupo nei pressi del lago di Barcis, Pordenone. Sulla sua posizione ora pende un gravissimo quadro di aggravanti, contestati anche i reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere, stalking e porto d’armi continuato, e stando alla ricostruzione della Procura di Venezia avrebbe pianificato la sua azione procurandosi l’occorrente necessario a immobilizzare la vittima e a compiere agevolmente il suo proposito di morte. Filippo Turetta non si sarebbe fermato nemmeno davanti alle urla disperate della ragazza, né quando, conclusa una prima fase dell’aggressione consumata in un parcheggio vicino alla sua casa di Vigonovo, lei lo avrebbe implorato di smetterla. L’avrebbe invece caricata in auto per un viaggio di sola andata verso la fine, colpendola ancora in una zona industriale a Fossò e poi disfandosi del cadavere dopo aver studiato attentamente gli spostamenti da compiere per non essere intercettato.



Dettagli agghiaccianti dal verbale dell’interrogatorio di Filippo Turetta su Giulia Cecchettin

Filippo Turetta, secondo il suo racconto messo a verbale nell’interrogatorio riportato da Adnkronos,  avrebbe portato due zaini con sé, uno contenente dei regali che Giulia Cecchettin avrebbe rifiutato, l’altro con dentro il materiale per il delitto tra cui il nastro adesivo con cui avrebbe cercato di tapparle la bocca. Il ragazzo avrebbe detto anche di aver strattonato l’ex fidanzata in almeno due occasioni precedenti “per scaricare la rabbia“: “La cosa che contava di più – avrebbe dichiarato ai magistrati – era sentirla e scrivere con lei o vederla e quindi il fatto che lei scrivesse meno o volesse un po’ cancellare i rapporti mi faceva stare molto male, cioè, molto triste“.



Prima di colpire Giulia Cecchettin con 75 coltellate, come emerso dall’autopsia, Filippo Turetta avrebbe provato a darle un regalo: “Una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali: un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazione per bambini. Lei si è rifiutata di prenderlo. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso con lei. Voleva andare avanti, stava creando nuove relazioni, si stava ‘sentendo’ con un altro ragazzo“. Le avrebbe urlato “che non era giusto, che non doveva essere cosi, che io avevo bisogno vitale di lei, del nostro rapporto“, ma Giulia Cecchettin aveva deciso il suo futuro altrove e questo, secondo la versione dell’indagato, avrebbe innescato la sua furia.

L’aggressione a Giulia Cecchettin nel racconto di Filippo Turetta: “Ho preso un coltello e…”

La seconda parte dell’interrogatorio di Filippo Turetta, secondo quanto appreso dall’Adnkronos, riguarda l’aggressione a Giulia Cecchettin prima in un parcheggio a pochi metri dall’abitazione della vittima, a Vigonovo, e poi nella zona industriale di Fossò. “Ero molto arrabbiato. Ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore. L’ho rincorsa, l’ho afferrata per un braccio tenendo il coltello nella destra.. L’ho caricata sul sedile posteriore (…). Non volevo che andasse via. (…)“. La prima coltellata sferrata mentre cercava di scappare, poi la lunga serie di fendenti in rapida successione dopo il secondo tentativo di fuga della vittima.

Un coltello si sarebbe rotto nel luogo del primo attacco, ma Filippo Turetta si sarebbe munito preventivamente almeno di un’altra lama per non trovarsi disarmato davanti alla resistenza di Giulia Cecchettin: “Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo. Ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Non so se l’ho spinta o è inciampata. Continuava a chiedere aiuto. Le ho dato, non so, una decina, dodici, tredici colpi con il coltello. Ho colpito un po’ tutto, il collo, la faccia, il torace, la nuca (…). Si proteggeva con le braccia, a un certo punto non ho guardato neanche più dove stavo colpendo“. L’ultima coltellata, secondo quanto descritto ai pm, sull’occhio: “La cosa mi faceva troppo senso e quindi ho smesso“. Secondo l’esame autoptico, Giulia Cecchettin sarebbe morta per uno shock emorragico provocato dal colpo alla testa e dalle decine di coltellate che l’avrebbero raggiunta in varie parti del corpo, diverse localizzate sul volto.