Nel giorno in cui il papà di Filippo Turetta finisce nella bufera per le intercettazioni del suo colloquio in carcere con il figlio, la sorella di Giulia Cecchettin interviene con una storia su Instagram in cui ribadisce la sua presa di posizione di novembre, dopo l’omicidio della sorella. «Di mostri non ce ne sono, c’è però una normalizzazione sistematica della violenza», ha scritto Elena Cecchettin, secondo cui il fatto che sia sistematica dipende da ciò che fanno tutti, la società. Bisogna superare la «violenza patriarcale» per la donna, evidenziando che ciò avviene partendo dal rifiuto della violenza contro le donne e le minoranze, delle giustificazioni. Bisogna anche rompere il «silenzio omertoso» contro la «normalizzazione del femminicidio» e continuare a fare rumore. Infine, ha ricordato che bisogna farlo per la sorella Giulia e «per tutti gli altri “duecento” femminicidi, perché nessuna vittima deve rimanere solo una statistica», ha aggiunto in riferimento a quanto detto dal papà di Filippo Turetta.



Invece, Rinaldo Romanelli, segretario dell’Unione Camere Penali, è intervenuto, ma non per commentare le dichiarazioni intercettate, anzi per scagliarsi contro la loro pubblicazione, definita «un fatto grave», che peraltro non aggiunge niente né all’inchiesta né alla cronaca. Si tratta solo di «voyeurismo fuori luogo» per il quale ora i due genitori, che non c’entrano nulla nell’omicidio, rischiano di vedere messa a repentaglio la loro incolumità, mentre vivono «un’atroce sofferenza». E definisce «immorale» la crocifissione dei due genitori.



OMICIDIO GIULIA CECCHETTIN, IL PRIMO COLLOQUIO IN CARCERE

Cosa vuole che abbia fatto il suo ‘bambino’, è solo un ‘povero assassino’ in ‘buona compagnia’ visto che ce ne sono altri 199 come lui“. Queste parole della criminologa Roberta Bruzzone rendono l’idea dell’ondata di indignazione che sollevano le parole del papà di Filippo Turetta, in carcere a Verona per l’omicidio di Giulia Cecchettin. A rivelarle è il settimanale Giallo, ricostruendo quanto accaduto nel carcere di Verona il 3 dicembre 2023 quando, a quasi un mese dall’efferato delitto, quando il giovane incontra i suoi genitori.



Nei giorni precedenti avevano scoperto che il figlio aveva ucciso a coltellate l’ex fidanzata, nascosto il cadavere in un dirupo e fuggito in Germania, dove poi è stato arrestato. Il colloquio, ripreso dalle telecamere e finito agli atti del processo che si celebrerà a Venezia, si apre con un abbraccio, poi i genitori gli chiedono come stia andando e lui risponde “anche troppo bene“, perché sembra convinto di meritare un trattamento più duro: “Non è neanche giusto, dovrebbe essere anche peggio!“.

PAPÀ FILIPPO TURETTA, LE PAROLE CHOC AL FIGLIO

A questo punto il padre lo interrompe: “Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza… quello è! Non sei un terrorista voglio dire… devi pensare che piano piano, devi farti forza“. Poi il papà di Filippo Turetta cerca di convincerlo: “Non sei stato tu, qualcosa che ti ha portato a fare questo… Non ti devi dare colpe, perché non potevi controllarti“.

Anche quando il figlio scuote la testa e prova a contraddirlo, l’uomo tira dritto e gli ricorda che ci sono parecchi altri casi, altri 200 femminicidi. Neppure una parola di pietà per Giulia Cecchettin, anzi l’incontro si conclude con una riflessione sul futuro, ad esempio invita il figlio a laurearsi.

“VOLEVA SALVARE IL FIGLIO”

Alla luce dell’indignazione che stanno producendo queste parole intercettate, chi conosce bene il papà di Filippo Turetta, come riportato dal Corriere della Sera, assicura che voleva “salvare il figlio“, affinché “non si disperasse troppo“, quindi voleva “evitare che compiesse un gesto inconsulto“. Infatti, il giovane al padre chiede se sia stato licenziato per quanto accaduto.

L’uomo gli parla dei permessi che potrà avere per uscire e lavorare, gli prospetta la possibilità della libertà condizionale. “Non sei stato te, non ti devi dare colpe perché tu non potevi controllarti“. Ma Filippo Turetta teme di essere abbandonato dal suo legale, l’avvocato Giovanni Caruso: “Magari non ce la faccio a riferirgli tutto e non, io non ho detto tutto… così lui“. Ma i genitori gli consigliano di dire tutto all’avvocato.